BILANCI DI FINE ’22

Inflazione e guerra la pesante eredità

di Franco A. Grassini

L’avvicinarsi della fine dell’anno stimola tutti a valutare quello che è accaduto a livello globale e a trarne, per quanto sia tutt’altro che facile, delle virtuose conseguenze. Di sicuro l’espansione in tutto il mondo del coronavirus non è stato un evento senza brutte conseguenze che hanno gravemente inciso su morte, vita e futuro di tutti gli esseri umani come non si vedeva dai tempi delle epidemie storiche, con il vantaggio che stavolta siamo riusciti a inventare e produrre rapidamente vaccini efficaci, mentre nel passato ci volevano anni e il risultato non era sempre ottimo. Sul piano economico si sono verificati ovunque fenomeni pesantemente inflazionistici e, di conseguenza, aumenti dei tassi d’interesse non facilmente sopportabili da parte dei Paesi e della parte di popolazione più poveri. Secondo il Fmi, ben il 60% dei Paesi ancora arretrati rischia di non ripagare i prestiti che ha ottenuto. In tutti i mercati finanziari la volatilità è cresciuta e, se non proprio una guerra, in generale si teme lo scatenarsi di una competizione molto acuta tra Usa e Cina, con la Russia schierata dalla parte di quest’ultima. Vladimir Putin, inoltre, rimane una grande incognita: nessuno riesce veramente a comprendere dove vuole andare a parare, mentre monta la preoccupazione che possa ricorrere all’uso delle armi nucleari con conseguenze terribili per l’intera umanità. Difficile da capire, come hanno indicato le sue scelte ondivaghe in tema di politiche anti-Covid, è anche Xj Jinping. Né l’Occidente è da meno: se i repubblicani vincessero le prossime elezioni presidenziali, in programma nel 2024, la loro politica sarebbe un’altra grande incognita. Né è del tutto certo che gli europei nella loro totalità appoggeranno davvero e fino in fondo l’Ucraina, tanto da permetterle di essere uno Stato completamente affrancato da rischi d’invasione da Est e di influenze profondissime da Ovest. Ma non tutto è nero. Un recente rapporto della Banca mondiale mette in evidenza che la povertà estrema (vale a dire un reddito personale di 2,5 dollari al giorno) che riguardava il 60% della popolazione mondiale nel 1950, si è ridotta all’8,4% nel 2019 e forse questa percentuale sta ancora calando. Di notevole interesse è che, secondo un rapporto della stessa Banca, le nazioni più felici sono nel 2022 tra le più piccole e meno densamente abitate, vale a dire Finlandia e Danimarca. Probabilmente non è solo un problema di cultura, ma anche di minori interessi esogeni, oltre che preminenza di valori solidali. Un ultimo aspetto da considerare è la posizione nei riguardi della politica. Circa il 25% della popolazione, cosa significativa senza grandi differenze tra classi sociali, considera non molto importante la democrazia: un dato che fa riflettere. L’ anno che si sta concludendo non lascia molto altro dietro di sé, salvo che non dobbiamo mai dimenticare quel che è stato, bensì tenerlo a mente, utilizzando l’esperienza maturata per soppesare i nostri errori, evitarli nel prosieguo del cammino e avviarci verso un futuro migliore.

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