ECONOMIA E TASSI

Inflazione in frenata ma la BCE va di corsa

di Ernesto Auci

La statistica è una scienza esatta, ma anche i numeri vanno letti bene, altrimenti si rischia di prendere decisioni errate. È quello che sta succedendo alla presidente della Bce Christine Lagarde, la quale legge i dati con l’occhio rivolto al passato e quindi rischia di fare una politica monetaria restrittiva quando non c’è più bisogno di stringere il credito per frenare l’inflazione che sta già ricollocandosi per conto proprio su livelli «normali», cioè intorno al 2%. Perché avviene questo? Leggendo i dati diffusi dall’Istat, appare evidente che l’inflazione di gennaio, rispetto al mese precedente è cresciuta dello 0,1%, mentre su base annua, cioè rispetto al gennaio 2022 è salita del 10%. Quest’ultima è la crescita dei prezzi che è già avvenuta nel corso dei dodici mesi precedenti, mentre lo 0,1% si riferisce all’inflazione attuale, cioè quella su cui oggi dobbiamo fare i calcoli per la nostra spesa corrente. E come si vede è quasi ferma, cioè i prezzi di gennaio sono quasi uguali a quelli di dicembre. Se si proietta questo andamento per gli undici mesi rimanenti del corrente anno, se non ci saranno altri fattori negativi, avremo a dicembre prossimo una inflazione vicina al 2%, e cioè il targhet di riferimento della Bce. Quindi, poiché ci si aspetta che nei prossimi mesi si scaricherà sul mercato il ribasso del prezzo di elettricità e gas registrato sui mercati all’ingrosso, è improbabile, a meno di nuovi shock, che l’inflazione possa risalire molto. C’è poi, certo, un trascinamento del 2022 sul 2023, per cui l’inflazione media di quest’anno sarà il 5 o 6%. Ma per valutare il senso di questo dato occorre chiarire che si tratta di quanto avvenuto in passato e quindi non è corretto calibrare la politica monetaria su quanto è già avvenuto. Tale politica invece dovrebbe prevenire i fenomeni e non limitarsi a inseguire con i tassi d’interesse i «vecchi» rialzi dei prezzi. I richiami a una più attenta ponderazione di quanto sta avvenendo nelle economie della zona euro, venuti sia dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco, sia dal membro italiano del Board della Bce, Fabio Panetta, avevano proprio il significato di richiamare la Bce a una più appropriata lettura dell’inflazione e della congiuntura economica. Bisogna evitare che per vincere un’inflazione già domata, si prosegua con aumenti dei tassi d’interesse che, come ha detto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, rischiano di portare verso una recessione con costi economici e sociali molto più elevati di quelli già provocati dall’inflazione. Tanto più che al momento non si avvertono forti spinte a un innesco della deleteria spirale salari-prezzi. Per contro, la crescita dei tassi sta provocando un aumento del carico degli interessi sia sui titoli emessi dal Tesoro, sia sui debiti delle aziende sia sui mutui dei privati, tanto che il mercato immobiliare sta registrando una sia pur lieve riduzione dei prezzi. A cosa è dovuta questa frenata dell’inflazione? A molti fattori, tra i quali spicca il calo dei costi dell’energia dovuto anche, almeno in Italia, a una forte contrazione dei consumi nell’industria e nel privato, oltre che alla per questo aspetto fortunata congiuntura climatica. Anche le imprese hanno mantenuto elevati gli investimenti che si aggiungono a quelli pubblici spinti dal Pnrr, riuscendo a eliminare molte strozzature dell’offerta (tipica quella dei microchip) e quindi aumentare la produzione per soddisfare la domanda sia interna che estera. Del resto, i bilanci delle aziende dimostrano che i profitti sono cresciuti e che la domanda si è mantenuta vivace anche grazie alla fiducia dei consumatori sulla breve durata dell’inflazione, cui si è fatto fronte con i risparmi e grazie alla creazione di nuovi posti di lavoro. È chiaro che non tutto va per il meglio. Il nostro governo deve uscire dalle polemichette da cortile per affrontare le questioni di fondo del Paese: riforme della Giustizia, funzionamento della Pa, riforma dei sostegni alle attività produttive, rinnovamento del mercato del lavoro. Ma serve anche una buona politica estera che ci mantenga allineati con la Nato sulla guerra in Ucraina e ci consenta in Europa di far sentire la nostra voce senza litigi e inutili ripicche con quelli che sono i nostri partner più importanti. Ma sta anche alla Bce non sbagliare: dopo aver sottovalutato l ’inflazione un anno fa, non deve ora sopravvalutarne la gravità e la persistenza nel tempo.

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