Chi ci guadagna?

L'addio di Moratti conviene (quasi) a tutti

di Alberto Bollis
Non si sono mai amati: gioco di riflessi sul plexiglass a Palazzo Lombardia tra Letizia Moratti e Attilio Fontana
Non si sono mai amati: gioco di riflessi sul plexiglass a Palazzo Lombardia tra Letizia Moratti e Attilio Fontana
Non si sono mai amati: gioco di riflessi sul plexiglass a Palazzo Lombardia tra Letizia Moratti e Attilio Fontana
Non si sono mai amati: gioco di riflessi sul plexiglass a Palazzo Lombardia tra Letizia Moratti e Attilio Fontana

Chi ci guadagna e chi ci perde con l’uscita di Letizia Moratti dalla giunta regionale lombarda? Prima di tutto, ne trae obiettivo vantaggio l’ex vicepresidente: dopo aver rosolato a fuoco lento l’affranto Attilio Fontana, l’ambiziosa rivale ha colto il momento a lei più congegnale per alzarsi e abbandonare il tavolo. Troppo ghiotto l’assist governativo del reintegro dei medici no-vax e dell’allentamento delle misure di tutela collettiva anti-Covid adottati da Meloni, Schillaci & Co. per non approfittarne, rivendicando quanto di buono la Sanità lombarda ha saputo fare sotto la sua guida in termini di lotta alla pandemia (merito di chi? Il ringraziamento va soprattutto al sistema, ai dirigenti, ai medici, agli operatori sanitari).

Il suo è un addio vincente, almeno a prima vista, perché è lei che è stata alla fine capace di dire basta, mentre chi se la voleva togliere dai piedi non ha saputo far altro che traccheggiare e cercarle disperatamente un «prestigioso incarico» alternativo, puntualmente rifiutato.

Ma ci guadagna senz’altro molto anche la Lega, che bene o male si è tolta un enorme macigno dallo stomaco. Sia dal Pirellone, sia dalla milanese via Bellerio, sia dal romano piazzale Porta Pia, quartier generale del neoministro alle Infrastrutture Matteo Salvini, sono giunti udibili sospiri di sollievo e malcelate manifestazioni di giubilo alla notizia delle dimissioni della «perfida assessora».

Ora il Carroccio è libero di manovrare, senza l’umiliante mercanteggiamento a cui si era sottoposto nelle ultime settimane («Cara Letizia, vuoi le Olimpiadi? Un posticino in Europa? Ti va la presidenza di una partecipata?»). Saltato il «tappo», è probabile che ora il centrodestra possa riunirsi attorno a un tavolo e sciogliere una volta per tutte il nodo della ri-candidatura di Fontana e pensare alla campagna elettorale prossima ventura. Ma a quale prezzo? Lo stabilirà spietatamente il partito che oggi dà le carte, Fratelli d’Italia. La Lega vuole a tutti i costi tentare di riprendersi Palazzo Lombardia? Va bene, ma in cambio… Vedremo se nella trattativa entrerà o meno Brescia e il parallelo tentativo di scalata alla Loggia.

Ci guadagnano parecchio l’opinione pubblica e i cittadini lombardi, che riacquistano relativa chiarezza nel quadro politico e possono (si spera) contare, per l’ultimo scampolo di mandato, su un’azione di governo regionale scevra da dispetti, sgambetti e ripicche. Alla Sanità arriva Guido Bertolaso che, a prescindere da tutto, è una discreta garanzia.

Ci guadagna Giorgia Meloni, che si libera del caso Lombardia, fastidioso come una zanzara tigre rintanata nella sua stanza di Palazzo Chigi: che della faccenda se ne occupino i fidati luogotenenti, lei ha ben altro a cui pensare. Si diano da fare e vengano a riferire quando sarà il momento.

C’è poi da capire se ci sarà guadagno da parte del Terzo polo: ha trovato forse l’ariete con cui tentare di sfondare in termini elettorali? Sarà davvero lei, Letizia Moratti, come si ipotizza (ma sono ancora solo ipotesi, appunto) sul far della primavera 2023, il candidato di grido che cercavano Azione di Carlo Calenda e Mariastella Gelmini e, chissà, Italia Viva di Matteo Renzi? Nascerà sul serio una lista civica morattiana in grado di fare massa critica assieme agli altri due finora gracili movimenti, dando al Terzo polo la consistenza attualmente mancante? Qualche dubbio aleggia.

Infine, veniamo a chi ci perde. O meglio, a chi non ci guadagna. Ci riferiamo al centrosinistra, sia quello nazionale sia quello lombardo. Gli avversari, scaricato il fardello, ora riprenderanno a correre. Nei mesi del caos nel fronte opposto, il Pd e gli alleati avrebbero potuto approfittarne per tentare qualche mossa diversiva, mostrarsi per una volta uniti, colmi d’iniziativa e pronti a giocare in contropiede, magari individuando in fretta una personalità forte in grado di coagulare l’opposizione e rendere contendibile la poltrona di governatore. Invece le settimane sono volate, il dibattito sul congresso dem di marzo 2023 (marzo 2023!) si è rivelato paralizzante, nulla è successo, nulla è stato deciso, nessun passo è stato compiuto. Mettere il sale sulla coda al rinfrancato centrodestra diventa sempre più difficile.

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