EDITORIALE

L'America condivide i dubbi di Trump

di Alberto Pasolini Zanelli

Per mesi Donald Trump, il presidente americano sconfitto alle elezioni di novembre, aveva parlato di un voto-truffa, di brogli e di una vittoria con il trucco da parte di Biden. Tesi che venivano sistematicamente smentite da tutte le fonti ufficiali e, fino a ieri, anche da una convincente maggioranza degli elettori. Ma adesso è arrivato un sondaggio nazionale che parla chiaro: un americano su tre non solo pensa che nel test elettorale ci siano stati errori, ma che si tratti di vere e proprie truffe. Questo sondaggio non sarà sufficiente a dare ragione a Trump anche nella sua richiesta massima, cioè di annullare le elezioni. Ma il «fatto nuovo» rafforza le sue contestazioni Stato per Stato, se non addirittura seggio elettorale per seggio elettorale e rischia di incrinare la credibilità e l’«onestà» del Partito democratico che ha conquistato la maggioranza. Che si sta rivelando più ristretta perché gli Stati contestati sono tra quelli più popolosi e che quindi hanno diritto al maggior numero di voti elettorali. Un conteggio che non ha valore legale e quindi non confuta il risultato e anche gran parte delle contestazioni e denunce. Ma contribuisce ad approfondire un dubbio emerso molto di recente, che è «tecnico» e riguarda il sistema elettorale americano nel suo complesso, e differente fra Stato e Stato. Qualcosa in comune, però, c’è e cioè la «pluralità» dei metodi non solo di conteggio ma anche di votazione.In Europa, nella maggioranza dei casi, gli elettori possono andare alle urne solo un giorno e devono andare al seggio, presentare un documento di identità, ricevere la scheda con i nomi dei candidati, fare una croce su quello prescelto e restituire quel pezzo di carta. Negli Stati Uniti gli elettori sono attesi e «serviti» da migliaia di computer che «inghiottono» le preferenze e alla fine le contano. Ma non è solo questo: in molti Stati si può cominciare a votare giorni o addirittura settimane prima della data elettorale, per posta o, sempre più spesso, ricevendo la scheda e infilandola in cassette pubbliche, che si trovano lungo le strade. Di qui il sospetto che uno possa votare più di una volta, l'ultima delle quali nel seggio elettorale. Restringendo le occasioni di infilare le schede, diminuirebbero le contestazioni. C'è chi ricorda che le prime complicazioni nel sistema elettorale furono in parte ispirate dal desiderio di molti americani bianchi di rendere più difficile l'accesso alle urne dei connazionali di pelle nera. Un sistema a questo punto ci sarebbe.E cioè che gli americani, una volta tanto, copiassero gli europei, i vecchi Paesi che non hanno inventato la democrazia, ma che l'hanno adottata in modo semplice: la Gran Bretagna, la Germania, la Francia. E l'Italia, dove l'ultima contestazione di un risultato fu avanzata, con grande leggerezza, nel referendum postbellico fra Monarchia e Repubblica. Quest'ultima prevalse per due milioni di voti, le contestazioni durarono un paio di giorni, l'ultimo re, Umberto II, partì per l'esilio senza fare chiasso.

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