I NODI DEL GOVERNO

La corsa contro il tempo del PNRR

di Antonio Troise

Ormai è sempre più evidente: sul Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, serve un cambio di passo. Il rischio di perdere buona parte dei 191 miliardi di euro assegnati da Bruxelles al nostro Paese diventa, giorno dopo giorno, sempre più concreto. Bene ha fatto la premier, Giorgia Meloni e il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, a intensificare i lavori della Cabina di regia a Palazzo Chigi, fissando nelle prossime settimane riunioni tecniche bilaterali per verificare lo stato di attuazione di ciascuna misura. Un metodo che dovrebbe portare, a fine giugno, a raggiungere altri 27 obiettivi per poter incassare la quarta rata da 16 miliardi di euro. Per la verità, siamo sempre riusciti a tagliare il traguardo, evitando di perdere risorse fondamentali per il nostro bilancio. Ma, finora, per incassare gli assegni firmati dall’Ue, ci siamo limitati soprattutto a produrre norme, leggi e riforme. Pochi i cantieri veramente avviati mentre la tabella di marcia è davvero serrata. Un dato per tutti: dei circa 200 miliardi a disposizione, alla fine del 2022 ne avevamo spesi più o meno una quindicina. Sommati ai sei del 2021, arriviamo più o meno al 10% della dote complessiva. Abbiamo, in sostanza, quattro anni ancora per rendicontare altri 180 miliardi. Opere che, per Bruxelles, devono essere concretamente realizzate e non solo annunciate. Un traguardo da brividi, indipendentemente dalla capacità o dal colore politico di Palazzo Chigi. Gli elementi che rallentano la spesa sono noti. Certo, non si poteva immaginare la guerra in Ucraina, con la conseguente impennata dei costi delle materie prime. Ma altri fattori erano prevedibilissimi. Come, ad esempio, la cronica incapacità di spesa delle amministrazioni locali di progettare e spendere le risorse pubbliche. Una partita notevole dal momento che la dote assegnata ai Comuni sfiora i 50 miliardi e quella delle Regioni si ferma poco al di sotto dei 15. Il governo ha deciso di muoversi su due fronti. Su quello interno, incalzando tutte le amministrazioni per rispettare i target previsti. Sul fronte esterno, rinegoziando con Bruxelles interi capitoli del Piano, depennando i progetti irrealizzabili (ad esempio, quello sull’idrogeno verde che non ha suscitato l’interesse degli operatori) e spostando qualche scadenza a fine anno, quando entrerà in vigore il nuovo codice degli appalti. Il negoziato con Bruxelles non sarà per nulla facile. Ma, al di là di quello che succederà in Europa, è bene che davvero tutti facciano la loro parte, a cominciare da Comuni e Regioni. In un momento così difficile per la nostra economia sprecare anche un solo euro dei fondi europei, sarebbe un delitto inaccettabile e incomprensibile per l’intero Paese.

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