I NODI DEL GOVERNO

La sanità migliore sa si decide d'investire

di Federico Guiglia

Sarà perché la pandemia è ormai alle nostre spalle. Sarà perché, come al solito, la politica preferisce correre ai ripari sull’onda dell’emergenza e dell’emozione, anziché prevenire e curare seguendo l’ordinaria amministrazione. Certo è che il saliscendi del governo sulla sanità non è una scelta incoraggiante. È ben vero che per il 2023 la spesa prevista dal Def, il documento di economia e finanza, aumenterà di 4,3 miliardi rispetto alla nota di aggiornamento dello stesso documento fatta nell’anno precedente. Ma, a fronte del timido segnale, ecco che dal 2024 in poi si registrerà una discesa e poi un calo fino a un impatto sul Pil del 6,2 per cento nel 2026. Tale discesa è motivata dalle minori spese per il Covid e dal venir meno degli arretrati per il rinnovo dei contratti nel triennio 2019/2021. Ragioni contabili che non fanno una grinza, però qui il tema è politico-istituzionale: che cosa deve fare lo Stato per tutelare la salute «come fondamentale diritto dell’individuo a interesse della collettività» (articolo 32 della Costituzione). La risposta è una sola: investire, cioè non diminuire le risorse, che sarebbe e sarà l’esatto contrario. Per dar vita a quella politica sanitaria di grande visione, di cui tutti abbiamo capito la necessità in un altro e drammatico triennio, quello dell’epidemia 2020/2022, il governo dovrebbe impegnarsi a contrastare tutto quel che non funziona. Dagli inaccettabili tempi d’attesa per gli accertamenti ai pronto soccorso al collasso. Dalla mancanza di medici e soprattutto infermieri ai reparti degli ospedali insufficienti o, all’opposto, strapieni, mal organizzati, spesso privi delle più banali attrezzature. Se è vero che non tutte le Regioni sono afflitte dalle stesse carenze, indiscutibile è l’esistenza di una grande «questione sanitaria» nel Paese. Che costringe troppi cittadini a ricorrere all’assistenza privata a pagamento, perché quella pubblica non va. Con l’aggravante di una classe medica e infermieristica che, in media, è di buona e a volte eccellente qualità. Ma se il resto della catena traballa, non basta il medico bravo. Che la salute sia prioritaria, lo conferma anche l’introduzione dei Lep - i livelli essenziali di prestazione - che la commissione istituita dal ministro Roberto Calderoli dovrà indicare per la riforma dell’Autonomia in Parlamento. La sanità sarà proprio una delle materie da garantire in tutto il Paese.

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