Una sera mi è accaduto di trovarmi improvvisamente al centro di un nugolo prodigioso di lucciole fosforescenti. Al di là del loro splendore, al di là della loro singola storia, resta da ricostruire il paesaggio che hanno fatto balenare ai nostri occhi: la strada, la macchia, il bosco ceduo, l’argilla rossastra, i declivi del suolo. Di qui la necessità di andare oltre l’alone luminoso degli avvenimenti, che è soltanto un primo stadio e spesso, preso a sé stante, una storia poco degna di nota. Sono le parole di Fernand Braudel, uno dei più importanti intellettuali del secolo scorso. Dietro la metafora si nasconde, ovviamente, il delicato rapporto tra la storia interpretata in senso continuistico e che analizza le linee di forza e di sviluppo dei vari processi storici e la storia evenemenziale, concentrata sui singoli e specifici avvenimenti. A suo dire, quindi, non ci si deve limitare all’indagine del singolo episodio, ma è necessario comprendere il contesto in cui esso avviene e le modalità con cui le relazioni di potere cambiano e trovano nuove intersezioni. Quando, nel novembre di 34 anni fa, il Muro di Berlino viene abbattuto, il mondo Occidentale viene pervaso da un senso di felicità e di (pacifica) vittoria. Sono momenti indelebili, che segnano un torno nella Storia dell’umanità, come la presa della Bastiglia a Parigi il 14 luglio 1789 o del Palazzo d’Inverno durante la rivoluzione bolscevica del 26 ottobre 1917. Dietro quelle picconate fatte da sconosciuti civili si stava frantumando la Guerra Fredda tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, si sgretolavano i due rigidi blocchi – ideologici, economici, culturali e sociali – su cui si era poggiato tutto il secondo Novecento. Specularmente, emergeva in tutta la sua potenza il fallimento di un modello di socialismo reale con cui si era illuso di poter organizzazione la società e la politica. Il giusto entusiasmo che pervase quegli anni, complice l’enorme spinta economica e di qualità della vita che ha caratterizzato gli anni ’90, all’inizio aveva nascosto come la rottura delle granitiche ideologie avrebbe aperto ad una situazione geopolitica convulsa e propulsiva, non più monodirezionale, bensì attraversata da impulsi tra loro contradditori e collegati alle più disparate e difformi istanze religiose, etniche, valoriali, commerciali, belliche. A ciò si aggiunga la sensibile destabilizzazione che caratterizza ogni società aperta e le democrazie liberali, quando al loro interno la popolazione nazionale si è nel frattempo mescolata a quella proveniente dai flussi migratori, creando vere e proprie opposte tifoserie sulle tematiche internazionali. Invero, tutto questo corrisponde a un ritorno agli effettivi equilibri diplomatici, a quelli che da sempre hanno governato il pianeta, eccezion fatta proprio per il periodo dello scontro tra le due superpotenze americane e sovietiche. Oggi ,quindi, assistiamo a Nazioni che sembrano all’apparenza tenere posizioni contrastanti sui conflitti in Ucraina o sulla situazione palestinese, altri che contrastano governi stranieri con cui hanno in contemporanea stretti rapporti economici o finanziari, relazioni tra Stati che trovano radice in contrasti secolari o altre che si basano su affinità religiose. Ci sono Paesi strutturati sullo stato di diritto e sul welfare e Stati che stringono alleanze con realtà nazionali particolarmente ortodosse o in cui sono avversati i diritti umani e le minoranze. L’illusione di una globalizzazione funzionale a esportare felicità e diritti si è scontrata con muri che tagliano trasversalmente i Paesi e le loro popolazioni, con una rinnovata conflittualità, difficile da gestire in quanto policentrica e polimorfe. L’Occidente, che si era illuso di esser giunto alla «fine della storia», si ritrova oggi svarionato davanti a una politica estera che pare prendere rivoli inattesi, in cui emergono alleanze paradossali in nome di un nemico comune e di sensibilità lontane. Non fermarsi alla fosforescenza della lucciola e saper leggere il tempo con parametri differenti significa saper affrontare problemi attuali anche per cercare di evitarne in futuro. L’ennesima sfida che questo nuovo Millennio dovrà superare.