IL LASCITO DI DRAGHI

La svolta europeista del voto italiano

di Federico Guiglia

È stato il giorno delle presentazioni - di nuove intese, programmi e simboli - e il bipolarismo si moltiplica per due. Oltre al centrodestra, che ha svelato i 15 punti del «programma per l’Italia» e al centrosinistra che ha mostrato il nuovo emblema del Pd, annunciando un giro elettorale lungo lo Stivale con un mini-bus elettrico, ecco che Carlo Calenda e Matteo Renzi trovano l’accordo per il terzo polo all’insegna del riformismo e del richiamo ai delusi dei due schieramenti. Anche Giuseppe Conte vuole essere della partita e, sventolando il Reddito di cittadinanza, lascia già vedere che la polemica del M5S non risparmierà nessuno dei contendenti. A conti fatti tre uomini - Letta, Calenda e Conte - e una donna, Giorgia Meloni, corrono per Palazzo Chigi. Ma lo scontro casalingo, ed è la prima novità, rivela il risvolto più europeo di tutte le precedenti campagne elettorali, come testimoniano i riferimenti inseriti accanto ai contrassegni delle coalizioni e gli obiettivi elencati nero su bianco. Per forza o per amore tutti gli sfidanti hanno capito, e perciò ripropongono ognuno a modo suo, che l’Unione europea è il nostro destino. Una scelta tutt’altro che scontata dopo l’euroscetticismo, specialmente sul versante destro, esibito nel passato. La svolta è frutto evidente del lascito di Mario Draghi e dei suoi 17 mesi di europeismo economico e atlantismo strategico, a cui pure la Meloni, che è sempre stata all’opposizione del presidente del Consiglio, oggi si ricollega con realismo per rassicurare Bruxelles e Washington in caso di vittoria: l'Italia continuerà il cammino intrapreso da Draghi. Molto marcato appare il percorso del terzo polo di Azione e Italia Viva per proseguire a tutto campo la politica di Draghi nella speranza che sia ancora lui a guidarla. Una politica che il Pd si prepara intanto a rilanciare sotto il profilo del Piano nazionale di ripresa e resilienza da attuare senza tentennamenti. Se Berlusconi pensa ai pensionati (le minime a mille euro per tutti), Letta punta a riequilibrare a livello, appunto, "europeo" lo stipendio degli insegnanti. Tasse e risorse saranno, dunque, un altro tema fondamentale e conflittuale del 25 settembre, il giorno della scelta.

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