LA LEZIONE DI VISCO

Le mosse per far crescere l'Italia

Se non ci lasceremo alle spalle 25 anni di stagnazione e non continueremo a crescere a ritmi elevati (come abbiamo fatto negli ultimi due anni) non risolveremo il problema dei salari bassi, della precarietà del lavoro, del non funzionamento dell’apparato pubblico. Questa l’indicazione fondamentale che il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel pronunciare le sue «considerazioni» qualche giorno fa, ha voluto lasciare all’intero Paese nel momento in cui, dopo 12 anni, si appresta a passare ad altri la guida della nostra banca centrale. Crescere si può. L’Italia ha resistito bene alla crisi sanitaria e all’aumento del prezzo dell’energia aggravato dall’aggressione della Russia all’Ucraina. Ora occorre che g li italiani, al di là delle inclinazioni politiche (che peraltro appaiono molto volatili) si convincano che occorre uno sforzo di coesione per poter tirare la carretta della nostra economia tutti dalla stessa parte. Le sfide che abbiamo di fronte sono molte e difficili. Nell’immediato dobbiamo sconfiggere l’inflazione che, come si sa, taglia gli stipendi dei lavoratori e i risparmi depositati in banca. Si può fare se la Bce sceglierà una politica monetaria equilibrata, evitando da un lato un eccesso di restrizione, che porterebbe alla recessione economica, e dall’altro una stretta insufficiente, che consoliderebbe le aspettative di inflazione. Questo sarà possibile se la finanza pubblica non registrerà aumenti eccessivi della spesa corrente, e se i sindacati non pretenderanno di recuperare subito quanto perso con l’aumento dei prezzi. I salari potranno recuperare solo se ci sarà un adeguato tasso di crescita dell’intera economia e questo è possibile se saremo capaci di mantenere elevati gli investimenti pubblici e privati e potremo quindi incrementare la produttività del lavoro. Tutti gli italiani devono convincersi che dobbiamo giocare la nostra partita sulla scena internazionale. Nulla ci impedisce di avere successo. Se siamo rimasti indietro, come è avvenuto nel ventennio prima della pandemia, è perché non abbiamo voluto mettere a posto la nostra economia con le opportune riforme e non abbiamo fatto gli investimenti necessari né nel settore pubblico né nel privato. Ora abbiamo la possibilità di utilizzare pienamente il Pnrr per fare tutti gli investimenti in infrastrutture e in innovazione tecnologica. Non dobbiamo perdere altro tempo. Né cedere alle lotte di potere scatenate dai molti appetiti di tutto l’apparato statale e locale. Certo, lo scenario internazionale è difficile per via delle tensioni geopolitiche che creano incertezza e paura. Molti Paesi occidentali sono tentati di rispondere ai timori chiudendosi entro le proprie frontiere, varando politiche protezionistiche che mettono a rischio la libertà del commercio internazionale che tanti benefici ha portato a tutti i paesi sia quelli poveri che quelli più sviluppati. Anche se ha posto , specie a questi ultimi, problemi nuovi che non erano preparati ad affrontare. E comunque le chiusure autarchiche aumentano i rischio politici di conflitti tra i paesi e tra le grandi aree geografiche. Per l’Italia in particolare, il Governatore Visco ha citato un po’ tutti i problemi che ci affliggono da anni invitando il governo a fare (o completare) le riforme che attendono da tempo. In particolare, il Pnrr consente di intervenire sulla efficienza della pubblica amministrazione, sulla giustizia, sulla scuola e sulla formazione, sulla concorrenza e in generale sulla riforma fiscale che deve favorire il lavoro dipendente e la crescita delle dimensioni delle imprese. Non ci sono state, nell’intervento di Visco, polemiche dirette verso il governo Meloni, anche se qua e là si possono leggere critiche come quando afferma che la riforma fiscale e quella de lle autonomie devono essere finanziate in maniera sicura e non a deficit, visto il livello del nostro debito pubblico che costituisce già un pesante fardello. Il Governatore è stato critico anche sulla politica demografica e sulla questione degli immigrati. Se è vero che già oggi scarseggia la popolazione in età lavorativa e che tra vent’anni i potenziali lavoratori saranno sei milioni in meno, allora bisogna impostare fin d’ora una politica di immigrazione razionale e capace di integrare i nuovi arrivati. Tutto il contrario di quanto si sta facendo oggi. In definitiva, Visco ha voluto lanciare un messaggio abbastanza rassicurante. Nelle avversità abbiamo dimostrato di avere una notevole capacità di reazione. Ora dobbiamo proseguire in questo impegno. Bisogna abbandonare l’illusione che si possano ottenere benefici immediati, ma facendo le cose giuste, potremo avere i primi risultati positivi in tempi ragionevoli . E soprattutto si tratterà di benefici equi e non ottenuti da una singola corporazione capace di fare maggiori pressioni politiche per scaricare gli oneri sulle spalle dei cittadini meno difesi. Chi sono quelli più deboli? Tanti. Sicuramente i giovani e le donne.

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