Dietro le quinte

Loggia 2023, i verdetti d'una sfida senza comprimari

di Alberto Bollis
La vittoria di Laura Castelletti, la delusione di Rolfi: a Brescia la conferma sulla bontà della strategia civica nelle sfide territoriali
Laura Castelletti, neo-sindaca di Brescia, sorridente in piazza Loggia dopo la vittoria (foto OnlyCrew)
Laura Castelletti, neo-sindaca di Brescia, sorridente in piazza Loggia dopo la vittoria (foto OnlyCrew)
Laura Castelletti, neo-sindaca di Brescia, sorridente in piazza Loggia dopo la vittoria (foto OnlyCrew)
Laura Castelletti, neo-sindaca di Brescia, sorridente in piazza Loggia dopo la vittoria (foto OnlyCrew)

A Brescia non ci sarà il ballottaggio, perché di fatto c’è già stato. Il risultato delle comunali consegna ai posteri una lettura scolpita: fin da subito c’era solo la sfida tra Laura Castelletti e Fabio Rolfi, tra il centrosinistra e il centrodestra. Un duello diretto, senza interferenze. Proprio come un vero ballottaggio. Solo disputato al primo turno.

Un successo netto

Ha vinto Laura Castelletti, nettamente. La candidatura civica ha premiato una coalizione che, dopo le indecisioni d’inizio campagna elettorale, ha saputo spazzare via ogni incertezza per appoggiare con convinzione e compattezza la nuova sindaca. O, se vogliamo, la sindaca riconfermata, visti i due mesi di reggenza come facente funzione dopo l’addio anticipato di Emilio Del Bono. E proprio dall’ex sindaco dem è arrivata la spinta forse decisiva a superare di slancio la fatidica soglia del 50%: è lui che ha coltivato, coccolato, sorretto e accompagnato la sua «delfina» al primo piano della Loggia, che di fatto le ha apposto a tracolla la fascia tricolore.

La credibilità di Del Bono

La credibilità di Del Bono, dei suoi 10 anni di convincente amministrazione municipale, scevra da picchi di ambizione ostentata, ma invece solida, affidabile, operosa, è stata la dote che Castelletti ha saputo sfruttare al meglio in un lunghissimo cammino di avvicinamento al voto che avrebbe potuto anche trasformarsi in corrida, ma che invece, onore ai contendenti, è rimasto quasi sempre nel solco della reciproca correttezza.

Il grande deluso

Il grande deluso è Fabio Rolfi. Su questa scommessa l’ex vicesindaco leghista della non esaltante era Paroli, nonché ex assessore regionale all’Agricoltura, aveva davvero puntato tutto. Ci ha sperato fino all’ultimo, nonostante dietro le quinte si sapesse in maniera piuttosto chiara che per lui sarebbe stata dura. Sul piatto ha gettato anche la sua riconferma in Regione. A inizio anno non sono stati pochi i colleghi di partito a manovrare per indurlo a concentrarsi sulla Loggia, salvo poi fregarsi di soppiatto le mani per aver così eliminato un concorrente di peso nella corsa al Pirellone.

Rolfi ci ha messo l’anima, si è speso senza risparmio, è stato tenace, le ha provate tutte, imbarcando anche candidati inconsueti per l’abituale «stile» del Carroccio. Ha provato ad aprire a temi finora tabù, nella speranza di convincere i numerosi moderati indecisi, che invece lo hanno ignorato e sono rimasti alla finestra. Lo vedremo in Loggia, seduto in Consiglio comunale come capo dell’opposizione: ruolo importante, come no, ma senz’altro al di sotto delle sue legittime aspettative.

I veri sconfitti a Brescia

In verità, non si può certo dire che Rolfi abbia combattuto in solitaria: lo sforzo per risalire la china, il tentativo di riprendersi la Leonessa, è stato imponente e diffuso e ha coinvolto tutte le componenti del centrodestra, su su, fino ai massimi vertici della coalizione e del governo. Fa impressione, oggi, pensare all’oceanica e costosissima convention di chiusura di campagna elettorale celebrata appena quattro giorni fa al Gran Teatro Morato, alla presenza della premier e capa di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e del ministro e leader della Lega Matteo Salvini (che su Brescia ci ha messo la faccia, con risultati terribili). Per non parlare del video-messaggio inviato per l’occasione dall’ancora molto convalescente Silvio Berlusconi. All’ombra del Cidneo sono loro i veri sconfitti: sarà appena una puntura di spillo per il contesto nazionale, ma è decisamente dolorosa. E dovrebbe stimolare uno spassionato esame di coscienza e una feroce autocritica a tutti i livelli: romano, regionale, cittadino.

Come sono andati i partiti

I risultati di lista sono, per certi versi, eclatanti. Il Partito democratico, nonostante i mal di pancia interni e le ripetute sbandate (dalla faticosa scelta del vicesindaco all’elezione di Elly Schlein come segretaria nazionale, svolta inizialmente avversata dalla classe dirigente locale di partito) rimane di gran lunga la formazione più votata in città. Fanno discretamente bene sia la lista civica che porta il nome della nuova sindaca, sia il martoriato Terzo polo, capace di bloccare a Brescia l’emorragia di voti vista alle pur recenti regionali. Zoppica il partito che solo qualche mese fa sembrava capace di qualsiasi impresa: Fratelli d’Italia arriva appena sopra al 16%. Paga dazio la Lega, mai stata davvero forte nei grandi centri del Nord. Condannata all’irrilevanza Forza Italia: prima o poi – in città e altrove - dovrà prendere atto della chiusura ineluttabile di un’esperienza e decidere con chi fondersi.

Altro piccolo plauso al malcapitato Rolfi per essere riuscito a evitare una débâcle ancor più clamorosa grazie ai consensi raccolti dalla sua lista civica, attestatasi attorno a un onorevole 12%.

La scomparsa dei pentastellati

Come non sottolineare l’agghiacciante l’inconsistenza del Movimento 5 Stelle? Tradizionalmente debole nelle consultazioni municipali, in questo caso ha dato davvero il peggio, nonostante un candidato sindaco più che presentabile. Quell’uno e rotti per cento nella casella dei voti incamerati rappresenta un ceffone violentissimo che colpisce – e non di striscio – anche Giuseppe Conte, attuale padre-padrone degli ormai cosiddetti grillini: mancata di brutto la soglia di sbarramento del 3%, i pentastellati restano fuori dal Consiglio comunale, finendo cancellati dal panorama politico bresciano.

Resta da fare un saluto al simpatico Alessandro Maccabelli e alla sua lista civica asseritamente senza pretese, La Maddalena: ci hanno provato, non ha proprio funzionato.

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