ADDIO POSTO FISSO

Mercato del lavoro orizzonte incerto

di Franco A. Grassini

Con i rapidi e consistenti mutamenti cui stiamo assistendo, non meraviglia che, come mettono in luce i recenti dati dell’Istat, anche il mercato nazionale del lavoro stia repentinamente evolvendo. In questo scenario vi sono aspetti positivi e altri negativi. Per le assunzioni a tempo indeterminato nel quarto trimestre del 2021 c’è stata una crescita che sfiora i 300 mila posti. Questo incremento risulta di poco inferiore a quello registrato dai nuovi contratti a tempo determinato. Il guaio è che questi ultimi hanno coinvolto ben 7,5 milioni di persone, delle quali solo mezzo milione è riuscita a ottenere infine un lavoro senza scadenza prestabilita. In parte l’incertezza, provocata dal Covid19 e rafforzata ora dalla guerra in Ucraina, giustifica tale fenomeno che nella prossima rilevazione Istat si stima sarà confermato quando non addirittura accentuato. Vi sono poi altri aspetti molto negativi cui sarebbe opportuno far fronte. Si tratta del fatto che, molto di frequente, all’instabilità della posizione lavorativa si somma uno stato di povertà. Nel 2019 l'Italia era, con l'11,8% sul totale, al quarto posto in Europa, dopo Romania, Grecia e Spagna, per lavoratori considerati poveri, vale a dire con un reddito inferiore al 60% di quello medio del Paese ove si abita. Molto di frequente la causa di questa situazione coinvolge anche le famiglie, soprattutto quando c'è solo una persona che lavora in un nucleo e non sempre con un salario decente. Numerose sono ancora le donne che restano a casa con figli o anziani; spesso non dispongono di conoscenze che permettano loro di fare quei lavori a distanza che si stanno sempre più diffondendo e che consentirebbero di far fronte ad ambedue le necessità, anche se con non poca fatica. Ci sono, inoltre, numerosi altri casi in cui, soprattutto per lavori temporanei, le retribuzioni sono molto basse. Si è arrivati alla mascalzonata di dar vita a pseudo sindacati con i quali i datori firmano contratti "collettivi" con paghe "legalmente" infime. Per la povera gente, che li accetta sono meglio di niente: è una sorta di ricatto. Ci sono state proposte, anche da parte di enti qualificati come l'Ocse, di integrazioni dei salari, ma - anche tralasciando l'incidenza sulla spesa pubblica - il pericolo è di incentivare le imprese non corrette a risparmiare sui salari. Introdurne di minimi per legge rischia di rendere invece impossibili le attività più deboli e quelle in avviamento. Oltre a interventi per sciogliere i menzionati sindacati di comodo e al sostegno a iniziative per la formazione di nuove competenze, poco possono fare i singoli governi. Manca una visione a livello europeo per ridurre i prelievi statali che alzano ovunque il costo del lavoro. I padri fondatori suggerivano ritocchi dell'Iva e il taglio dei contributi sociali per frenare la concorrenza di Paesi a basso costo del lavoro. Non resta che sperare che la crescita economica, quando le bufere si saranno placate, porti sviluppo sociale ed economico.

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