LA NECESSITÀ

Ora serve chiarezza sugli aiuti europei

di Carlo Pelanda

L’impatto della terza ondata del virus e i ritardi nella vaccinazione di massa in Italia e nell’Ue aumentano il fabbisogno di sostegni d’emergenza per i settori colpiti dai blocchi delle attività. E non riguardano solo una cifra in più per l’Italia, ad esempio un extra deficit stimato in 25-30 miliardi, ma, soprattutto, una revisione del modello che farà uscire l’economia italiana dalla crisi. È probabile che una certa quantità di aziende non potrà riprendere i pagamenti sospesi dalle moratorie, mentre altre non potranno ripagare i prestiti garantiti dallo Stato. Inoltre, la protezione dei lavoratori potrà richiedere tempi più lunghi. Da un lato, in teoria, non è un grosso problema perché la crisi non ha distrutto il mercato: lo ha bloccato per un certo tempo e la fine dei blocchi si può calcolare. Pertanto si tratta di definire un finanziamento ponte adeguato. Dall’altro, l’adeguatezza potrebbe richiedere una massa maggiore di debiti acquistati dalla Bce, per permettere agli Stati di fare più deficit senza destabilizzare l’Eurozona, e una quantità maggiore dei fondi euro-garantiti ora previsti. Qui si iniziano a vedere problemi. La Bce non ha precisato, per pressione rigorista tedesca, l’estensione della quantità di debito acquistabile. Si nota poi una reticenza dell’Ue ad aumentare i fondi, considerando che l’America ha stanziato 2.000 miliardi di dollari, mentre l’Europa resta ben sotto i 1000. Appare evidente la priorità di un chiarimento europeo. Fiducia? L’Italia è guidata da un premier che ha l’esperienza per farlo.

Suggerimenti