L’EDITORIALE

Ora si teme che possa ripetersi il 2014

di Vincenzo Corbetta

Più che sul destino del Brescia («Come potrà affrontare il campionato in queste condizioni?», è la domanda più ricorrente tra i tifosi), a stangata (giudiziaria) ancora caldissima la preoccupazione maggiore all’interno della società è per il lato umano. Cellino è una persona distrutta, si sente vittima di un’ingiustizia, soprattutto tenendo conto che negli ultimi giorni in lui prevaleva l’ottimismo dopo il pessimismo di un mese fa. Ma la realtà incombe e ha tutta l’aria di diventare un incubo che Brescia sperava di non rivivere più, come nell’estate del 2014 alla fine dell’era Corioni, e si è visto quanto le difficoltà societarie si possano tradurre in problemi sul campo: quel Brescia, penalizzato di 6 punti, nel 2014-15 retrocesse in C. Poi arrivò Marco Bonometti che, insieme a Profida Italia (Rinaldo Sagramola il frontman), esultò per il ripescaggio estivo in B e garantì la sopravvivenza per un paio di stagioni, fino all’arrivo di Cellino nell’agosto 2017. Ma questa è storia. Cosa succederà al Brescia ora? Il timore maggiore è l’arrivo di un amministratore giudiziario, per garantire le funzioni minime di vita della società, ovvero portare a compimento regolarmente il campionato.
Il suo compito sarà mettere soldi in cassa e lo potrà fare soprattutto attraverso la vendita di calciatori. Il più appetibile è Andrea Cistana, che Cellino ha valutato 8 milioni di euro. Una richiesta che ha fatto storcere il naso alle numerose pretendenti di A: Verona, Sampdoria, Fiorentina, Udinese. C’è poi la possibile cessione della società. Ma con questo fardello, c’è qualcuno che avrà il coraggio di rilevare il Brescia da Cellino? Nei mesi scorsi si erano rifatti vivi gli australiani, che si erano interessati alla società prima dell’avvento dell’imprenditore cagliaritano. Ross Pelligra, presidente dell’omonimo gruppo leader nel campo dell’edilizia e dell’urbanistica, si era tirato indietro di fronte al prezzo per acquistare il Brescia, che Cellino avrebbe fissato in una trentina di milioni. Così di recente ha virato sul Catania, evitandogli il fallimento. E nel cda c’è quel John Caniglia, che a Brescia aveva parlato illo tempore di nuovo stadio e di impianti ai massimi livelli. Anche allora, però, non ne era uscito niente e gli australiani, dopo l’ultimo tentativo invernale, hanno virato a Sud. Nelle ultime settimane era circolata la voce di una cessione all’imprenditore Enrico Preziosi, ex patron di Saronno, Como e Genoa, che da anni vive a Desenzano del Garda. Ma l’industriale, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport, ha detto chiaramente di non avere alcuna intenzione di tornare a occuparsi di pallone. Naturalmente ci si continua a domandare perché i sempre più numerosi investitori stranieri interessati al calcio italiano evitino accuratamente una provincia come la nostra. A parte Inter, Milan, Fiorentina e Roma, che sono in un’altra dimensione, hanno proprietà straniere il Parma, lo Spezia, il Pisa, il Bologna, il Venezia e, ora, anche il Palermo, entrata nella galassia degli sceicchi proprietari del Manchester City di Guardiola. Questo non è il momento propizio per chiedere all’imprenditoria bresciana di dare un segnale, ma quantomeno di interessarsi del destino della prima realtà sportiva del territorio. E, se la situazione come si teme dovesse precipitare, toccherebbe anche alle istituzioni intervenire. Negli anni ’60 l’allora sindaco Bruno Boni radunò il fior fiore dell’imprenditoria per garantire la vita al Brescia. E Boni ci mise di tasca propria 2 milioni di lire di allora. E adesso? Se sarà necessario, ci saranno un altro Boni, un altro Bonometti che si prenderà a cuore le sorti biancazzurre? Le prossime ore saranno decisive per provare a capire che piega prenderà la situazione, con l’inizio del campionato di Serie B che ormai è incombente. In questo momento Cellino deve riprendersi dalla botta, devastante non solo dal punto di vista finanziario. Poi, ritrovata la lucidità, il dovrà decidere il da farsi. Sempre che non siano altri a scegliere per lui. Il timore maggiore, in questa fase.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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