USA-RUSSIA

Patti chiari per creare la nuova distensione

di Federico Guiglia

Erano divisi quasi su tutto, fuorché sulla necessità di incontrarsi. E allora, anche se il faccia a faccia fra Biden e Putin non può essere considerato una moderna riedizione di quello storico fra Reagan e Gorbaciov nel 1985, e sempre a Ginevra, basta la novità della «prima volta» per dire con realismo, cioè senza enfasi, che si è finalmente «aperto uno spiraglio», per citare il presidente russo. E che saranno necessarie «relazioni stabili e prevedibili», secondo l’auspicio di quello americano. E comunque il dialogo fra Stati Uniti e Russia riparte all’insegna del «mai una guerra nucleare». Poteva sembrare scontato, ma di questi bellicosi tempi è già una confortante rassicurazione. In realtà, il presidente Biden ha potuto beneficiare nell’opera di coinvolgere e «riconoscere» Putin, oltre che di un’evidente discontinuità col predecessore Trump, anche del forte sostegno espresso nel recente G7 e nel successivo vertice Nato. Perché tutti in Occidente hanno capito che con Mosca non con le guerre fredde, bensì coi patti chiari e fondati su valori e principi, su democrazia ed economia, ci si deve confrontare. Anche per evitare la paradossale convergenza parallela fra Russia e Cina ai danni dell’Occidente, se un nuovo atlantismo non riuscisse a farsi ascoltare da entrambi i Paesi. E chissà che la stretta di mano fra Biden e Putin, ancor più in epoca di pandemia, non sia un buon viatico per seppellire la ciclica tentazione isolazionista degli Stati Uniti e per costruire con paziente serietà un mondo migliore per tutti.

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