LE SCELTE

Per crescere bisogna ridurre le tasse

di Carlo Pelanda

I mercati hanno già scontato un forte rimbalzo delle economie statunitense ed europea nonché una crescita notevole della domanda globale. Ora puntano l’attenzione al 2022-23, cioè alla fine delle politiche straordinarie di stimoli fiscali (investimenti in deficit) e monetari (tassi a zero e acquisto debiti pubblici) temendo una recessione causata da tale transizione. Timori giustificati? Dipende da cosa faranno le Banche centrali e da come i governi spenderanno le risorse stanziate a debito. Le prime hanno un problema di rialzo dell’inflazione e iniziano a dividersi tra chi vuole anticipare il rialzo del costo del denaro e chi invece ritiene solo temporaneo il picco di inflazione e punta a un ritorno alla normalità. Al momento prevalgono i secondi. Sul piano della politica fiscale gli investimenti sono massivi sia nell’Ue sia in America e ciò, fino al 2030, rende improbabile una recessione grave e/o duratura. Tuttavia nella Ue ci può essere un problema: il 60% degli investimenti a debito sarà fatto da progetti pubblici e solo un 2-3% delle risorse sarà usato per ridurre le tasse mentre la detassazione è il miglior stimolatore di investimenti privati. Poi gli Stati europei saranno obbligati ad usare le eurorisorse per progetti di transizione ecologica, mediamente il 30%, ma i tempi programmati per l’ecotransizione sono molto più brevi di quelli necessari per il transito dei lavoratori dai settori tradizionali a quelli nuovi. Tempi da precisare per mitigare il rischio di chiusure aziendali e licenziamenti non riassorbibili. www.carlopelanda.com

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