l'editoriale

Quei fiori segnano un svolta storica

di Federico Guiglia

Se anche con i simboli si alimenta il futuro della memoria, l’elezione del presidente del Senato non poteva essere più emblematica: nell’anno che fra pochi giorni, il 28, ricorderà il centenario della Marcia su Roma, cioè i primi passi del fascismo, un mazzo di rose bianche e due baci sulla guancia di Liliana Segre da parte di Ignazio La Russa segnano non solo il passaggio di consegne e di poltrona fra la presidente provvisoria di Palazzo Madama e quello eletto per l’intera legislatura, ma anche la fine di ogni possibile equivoco da parte dell’esponente storico di una destra che faticava a celebrare il 25 aprile. Invece, La Russa ha definito la senatrice a vita e testimone dell’infamia delle leggi razziali del ’38 di cui lei stessa, bambina espulsa dalla scuola elementare, subì le drammatiche conseguenze, «presidente morale» dell’assemblea, condividendone l’emozionante intervento «parola per parola». E alla sfida lanciata da Segre, che s’è chiesta perché mai «dovrebbero essere vissuti come date divisive, anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 aprile, il primo maggio e il 2 giugno», La Russa ha risposto: quelle ricorrenze «vanno celebrate da tutti». 

Citando poi un discorso dell’ex presidente della Camera, Luciano Violante, che esortava alla coesione nazionale e «a costruire la Liberazione come valore di tutti gli italiani». Dunque, una seduta che poteva passare alle cronache all’insegna della contrapposizione fra due persone e due mondi così diversi fra loro, in realtà ha visto più momenti di unità che non di polemica. Nessun contrasto fra Segre e La Russa, più volte applauditi dall’intero emiciclo. Paradossalmente, l’unico scontro s’è registrato all’interno degli schieramenti: Forza Italia che non ha votato per La Russa per ripicca al «no» di Giorgia Meloni su richieste di Silvio Berlusconi per il governo. E le opposizioni che, per converso, si sono rinfacciate quei 17 voti determinanti andati a La Russa, eletto presidente al primo colpo. Manovre di Palazzo, certo, che però non hanno condizionato la prima giornata della nuova e diciannovesima legislatura. I partiti litigano, ma l’istituzione del Senato si conferma più forte di ogni contesa, almeno a fronte dei gravi problemi che già si addensano all’orizzonte.

 

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