L’ORO DI BRUXELLES

Quei soldi con cui l'Italia può volare

di Antonio Troise

Calma e prudenza. Non è il momento di scommesse azzardate o puntate al buio. L’orizzonte dell’economia resta fortemente incerto. Bisogna fare i conti con il conflitto in Ucraina, la corsa dell’inflazione, le turbolenze bancarie, i rialzi dei tassi di interesse. Un insieme di fattori che pesano come un macigno sulla nostra crescita. Non a caso, anche a febbraio, l’industria italiana ha girato al minimo, con una produzione in calo dello 0,2% rispetto a gennaio. Considerando i due mesi, la frenata si attesta sullo 0,7%. Ma il calo è di oltre 2 punti se confrontato con lo stesso mese dell’anno scorso. Del resto, con i consumi interni fortemente condizionati dal caro-prezzi e con una domanda estera che stenta ancora a tornare ai livelli pre-Covid, non c’era da attendersi di meglio. Anzi, per la verità, come scrive il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti nella prefazione al Def, «malgrado una situazione così incerta l’economia italiana continua tuttavia a mostrare notevole resilienza e vitalità». Tanto che le previsioni del Pil sono state riviste al rialzo, all’1%, così come è stato aumento di un decimale anche il deficit, per liberare altri 3 miliardi di euro da destinare al taglio del cuneo fiscale. Ma è inutile farsi facili illusioni. Il sentiero della finanza pubblica resta molto stretto ed è difficile (se non impossibile) trovare nelle pieghe del bilancio quelle risorse necessarie per imprimere una forte accelerazione alla nostra economia. Per questo è ancora più importante usare presto ma, soprattutto, bene, le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Infatti, sempre secondo le stime contenute nel Def, se riuscissimo a utilizzare i 200 e passa miliardi di euro messi a disposizione da Bruxelles, avremmo una crescita del Pil del 3,4%. Insomma, la nostra economia potrebbe crescere a una velocità tre volte superiore a quella attuale. Proprio ieri il Parlamento ha dato il via libera al decreto che non solo semplificale le procedure per l’apertura dei cantieri ma prevede una cabina di Regia unica, a Palazzo Chigi, affidata al ministro Fitto. La nuova governance dovrebbe finalmente mettere fine alla stratificazione delle competenze e dare una guida unitaria a tutti i progetti. Un passo che va sicuramente nella giusta direzione. Ma potrebbe non essere sufficiente per rispettare i tempi previsti dall’Ue e che fissano la scadenza per il completato delle opere a giugno del 2026. Occorrerebbe, a questo punto, non solo semplificare procedure e governance, ma sfoltire in maniera coraggiosa anche la lista degli oltre 180 mila progetti presentati, puntando l’attenzione solo su quelli che effettivamente possono contribuire a rimettere in moto il Paese e agendo invece di bianchetto su quelli che sono semplicemente il frutto di scelte poco chiare se non “clientelari”. Il tempo a disposizione è poco ma la posta in gioco è davvero alta. Anche perché il treno del Pnrr difficilmente passerà di nuovo dalle nostre parti.

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