RICETTA BONOMI

Su cuneo e tassi le imprese in trincea

di Ernesto Auci

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi è stato cauto, ma nel suo intervento di ieri ha preso le distanze dalla riforma fiscale proposta dal governo, si è detto disinteressato alla questione del salario minimo, ha espresso preoccupazione per la politica monetaria della Bce, che per vincere l’inflazione rischia di portare l’economia dell’intera Europa in recessione. Insomma gli imprenditori sono in vigile attesa. Non c’è un attacco frontale al governo Meloni, che in effetti predica bene, cioè fa dichiarazioni liberali e pro mercato, ma poi razzola poco e si mostra incerto sul da farsi. In particolare sul fisco Bonomi non ha risparmiato critiche. In primo luogo ha messo in guardia il governo sulla necessità di finanziare la riforma con tagli alle spese e non con nuove tasse che magari colpirebbero le categorie produttive. Inoltre non ha mostrato particolare entusiasmo per la semplificazione delle aliquote Irpef, così come enunciata nella legge delega del governo. Gli industriali da tempo chiedono un taglio del cuneo fiscale e contributivo sui lavoratori dipendenti fino a 35 mila euro di reddito. In questo modo, ha detto Bonomi, riservando i 2/3 del sollievo ai lavoratori, si avrebbe un vantaggio per le persone fisiche di 1.200 euro l’anno, mentre con la proposta del governo (che spalma l’Irpef su una platea più vasta) il vantaggio sarebbe al massimo di 3-400 euro. Infine il presidente Carlo Bonomi ha detto che per le imprese è sbagliato legare la riduzione dell’Ires alle assunzioni.
E questo perché si tratta di dinamiche che non hanno molto a che fare con la decisione di lasciare i profitti in azienda invece di distribuirli ai soci. Questa agevolazione fiscale deve essere legata al rafforzamento patrimoniale delle imprese, e agli investimenti in modo da dare maggiore competitività alle aziende italiane. Le assunzioni verranno dal successo di mercato e magari riguarderanno lavoratori con competenze superiori a quelle di chi lavora da tempo in azienda.Sulla politica monetaria della Bce, Bonomi non si è mostrato particolarmente allarmato a patto che, raggiunto ora il livello dei tassi del 3,5%, si ponderino bene le prossime mosse. L'inflazione infatti sta già flettendo e si spera che in autunno possa avvicinarsi al target di riferimento della Bce e cioè intorno al 2-3%. Attenzione quindi a non esagerare con la stretta creditizia perché, se si provocasse una vera recessione, i guai sociali sarebbero molto gravi. In più la crisi delle banche, sta provocando una certa restrizione creditizia contro cui Fed e Bce dovranno agire con immissione di liquidità per evitare il contagio con situazioni critiche come quelle Usa e Svizzere.Infine per quel che riguarda il salario minimo, Bonomi sbaglia a lavarsene le mani dicendo che non è una questione che riguarda la Confindustria, in quanto tutti i suoi contratti hanno un minimo superiore a quello di cui si parla. E invece il salario minimo ha delle implicazioni importanti per quel che riguarda le relazioni sindacali, in quanto dovrebbe essere collegato a la legge sulla rappresentanza che interessa non solo i sindacati, ma anche la Confindustria. Una buona legge sul salario minimo porterebbe inevitabilmente a una valorizzazione delle contrattazioni aziendali, dove sarebbe possibile scambiare aumenti dei salari a fronte di impegni per migliorare la competitività. Si tratterebbe di una riforma di grande interesse per la Confindustria e scansarsi non sembra saggio.In conclusione, Bonomi appare interessato a sostenere le imprese che per il momento continuano ad andare abbastanza bene. Occorrerebbe da parte del governo una politica molto decisa a sostegno degli investimenti e per un miglior funzionamento del mercato del lavoro. L'industria italiana deve continuare a correre e non si può fermare a causa di sterili e confuse contese politico-ideologiche.

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