AGENDA AMBIENTE

Tutela del clima, vietato distrarsi

di Franco A. Grassini

Da qualche tempo non solo una minoranza di intellettuali, studiosi e addetti ai lavori, ma ormai anche l’uomo comune, almeno nei Paesi occidentali, si sta rendendo conto che il mutamento climatico è un problema che colpisce tutti. In realtà i danni sono veramente ingenti. Tutti sappiamo che la guerra in Ucraina sta facendo del male a tutto il mondo, sia dal punto di vista umanitario, sia per gli aspetti legati allo svilimento di ogni forma democratica, sia per tutto ciò che riguarda l’economia d’area, del continente, globale. Molti, peraltro, trascurano che gli esplosivi, le devastazioni, il blocco delle esportazioni di gas metano e il conseguente ritorno dell’utilizzo del carbone stanno deteriorando anche l’ambiente ben oltre Russia e Paesi confinanti, con pesanti ripercussioni anche sugli aspetti climatici. Più in generale, un rapporto del World Economic Forum riporta che negli ultimi 20 anni in tutto il mondo ci sono stati ben 6.457 catastrofi naturali (inondazioni, tempeste, ondate di calore) che hanno provocato 506 mila decessi, circa 30 mila ogni anno. È ignoto quanti, pur sopravvivendo, sono stati resi invalidi o comunque indeboliti. 

Nel solo Vecchio Continente l’Agenzia europea per l’Ambiente ha stimato che ogni anno gli eventi atmosferici estremi provochino danni economici per circa 11,1 miliardi di euro. I raccolti agricoli sono senza ombra di dubbio tra le produzioni che risultano maggiormente colpite, ma ne risentono a cascata - indirettamente - molti altri settori, dall’industria al terziario, e poi giù fino a chi è impegnato nel commercio al dettaglio. Il già citato rapporto illustra molti casi in cui si manifestano gli squilibri climatici riconducibili all’azione dell’uomo. Senza ricordarli tutti qui, vale la pena di menzionarne almeno un paio di cui ogni tanto ci si dimentica. Nel marzo 2011 uno tsunami colpisce la centrale nucleare di Fukushima, in Giappone: tra i 15 e i 20 mila i morti dovuti alla successiva dispersione delle radiazioni, oltre 120 mila persone devono abbandonare la zona. Nel 2019 a Venezia si sono verificate 18 acque alte, 12 delle quali in novembre, fenomeno senza precedenti numericamente e per intensità: tutti concordia collegare quanto accaduto allo scioglimento dei ghiacci e al cambiamento climatico. Ovviamente non possiamo andare avanti senza radicali mutamenti nelle politiche. Non solo: occorre, in primo luogo, che le scelte in materia ambientale, ove si desideri che non vengano influenzate da interessi di parte, non siano portate avanti da un singolo schieramento, da una singola nazione, da un singolo continente, bensì da tutti. E’, inoltre, opportuno, dato che i danni continuano a crescere e accordi globali difficilmente possono avere durata perenne (vedi la crisi internazionale scatenata dalla Russia di Putin), si decida di concentrare le scelte necessarie in un arco di tempo ristretto. Queste riguardano una politica fiscale che incentivi la realizzazione delle stesse anche da parte di privati cittadini. Le auto “green” sono solo un esempio. C’è, inoltre, da compensare chi opera in attività inquinanti che sono destinate a cambiare radicalmente o a essere chiuse. Non è da escludere che, ove i privati non promuovano numerose attività produttive non inquinanti, si debba provvedere con imprese pubbliche. In sostanza, la presa di coscienza dei danni ambientali che ci aspettano può evitarci il peggio e spingere anche i più recalcitranti ad attuare oculate e illuminate politiche di tutela ecologica.

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