NODI DIPLOMATICI

Un passo indietro per andare avanti

di Davide Rossi

Uno dei padri delle relazioni internazionali, Ennio Di Nolfo, spiegava come la storia cambia a prescindere dai paradigmi interpretativi che gli studiosi propongono. Il sistema internazionale si plasma e si adegua nel momento in cui mutano attori e ritmi, con velocità che impone continue trasformazioni nei riferimenti concettuali che permettono di seguire ciò che è in perenne evoluzione. A tutti è, in effetti, chiaro come con il crollo del Muro di Berlino si sia aperta una fase di transizione degli equilibri mondiali in cui, alla dissoluzione dell’Urss, non si è accompagnato un predominio degli Usa. Si sono, infatti, nel frattempo affacciati una serie di altri potenti interlocutori come Cina e India, l’America Latina cerca di rendersi autonoma dalle influenze esterne, l’Africa ha iniziato un lento processo di modernizzazione, mentre il Medio Oriente è stato strattonato da rivoluzioni e fondamentalismi. In tale contesto si è strutturata una nuova Russia putiniana, consolidatasi internamente per poi recuperare un ruolo forte nello scacchiere mondiale. Se non si respira più il clima teso della guerra fredda che ha segnato il lungo periodo della divisione fra i blocchi, ai tempi dell'Unione Sovietica, in questi decenni gli scenari di scontro non sono affatto mancati, dall'Afghanistan alla Corea del Nord, da Taiwan all'Ucraina. Proprio l'Ucraina è considerata da Mosca una propria area d'influenza. E l'Ucraina è da sempre una terra contesa e teatro di guerre e sconti: tutti rimembriamo gli studi scolastici relativi alla Guerra di Crimea del 1854, in cui il Regno di Sardegna decideva di partecipare ad un conflitto così lontano per poi ambire a sedersi nei tavoli importanti del consesso europeo. Sono zone di tensioni dal cuore antico, le cui motivazioni appaiono ben più datate delle recenti criticità che si protraggono dal 2014, in cui molto dipende anche dalla forte presenza di popolazione di lingua russa nell'attuale Ucraina. La difficoltà di comprendere l'escalation tra la Ucraina e la Russa e che vede come inevitabili protagonisti l'Unione Europea e gli Stati Uniti passa attraverso la differente metodologia che guida la politica interna da quella estera: le logiche che governano il consenso interno di una liberal democrazia sono lontane da quelle che dirigono il sistema internazionale e traggono legittimazione fuori dai consueti binari in cui si permea lo stato di dritto e la democrazia. L'aggravamento dei rapporti tra Russia e Ucraina si è acuito a seguito delle politiche occidentali verso est. Se l'ampliamento dell'Unione Europea poteva essere percepito, dalla prospettiva russa, come un fastidio sostenibile, lo stesso non è stato quando si è prospettata l'ipotesi di far aderire gli ex Paesi del Patto di Varsavia nella Nato. Senza giustificare le reazioni di questi giorni, appare chiaro che la Russia vuole intendere questa strategia come una minaccia. La speranza è che le diplomazie abbiano la meglio e che le tensioni di questi mesi siano collegate al desiderio di alzare l'asticella delle richieste, ma che alla fine tutti abbiano ben chiaro che un conflitto non convenga a nessuno. Tutti devono aver chiaro che per giungere ad una pace è necessario rinunciare a qualcuna delle proprie posizioni.

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