Una sfiducia davanti al notaio

Con le dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali si è concluso il mandato di Ignazio Marino al Campidoglio. Sulle capacità, meriti e demeriti dell'ex sindaco di Roma si è detto e si continuerà a scrivere di tutto: le opinioni in merito sono diverse e discordanti. Tuttavia, oltre alla necessità o meno di porre fine ad una stagione politica oggettivamente travagliata, c'è una questione di stile che pure dovrebbe avere un certo peso. Il Pd avrebbe comunque potuto sfiduciare Marino in aula, con l'apporto dei consiglieri di opposizione che si sono dimessi ieri invece di andare da un notaio con questi ultimi a firmare per realizzare lo scioglimento del Consiglio comunale. Un dibattito in Campidoglio, alla luce del sole, sulle ragioni delle varie parti, sarebbe apparso come un atto di maggior rispetto nei confronti dei cittadini della Capitale. Le ragioni politiche per evitarlo c'erano e hanno avuto la meglio, ma comportano controindicazioni tutte da scoprire e valutare. Che la sfiducia arrivi col voto del Consiglio e l'apporto di alcuni esponenti dell'opposizione o che si giunga allo stesso risultato con le firme dal notaio, è sostanzialmente uguale: non è sostenibile affermare che quei voti determinanti sarebbero stati negati in aula se le firme sono state invece concesse e ben accette. Così come evitare il dibattito pubblico non ha certo mitigato il tono delle parole che Marino ha poi pronunciato in una conferenza stampa, dove l'ex sindaco ha senza mezzi termini chiamato in causa come «capo dei congiurati» il premier. Se si volevano evitare effetti politici e mediatici dirompenti, l'obiettivo non è stato raggiunto. È vero che Marino, ritirando le dimissioni, aveva creato al suo partito un problema enorme, ponendo il Pd di fronte a due possibili scelte: «assolvere» il sindaco anche sul piano dell'operato di questi anni e continuare senza andare ad elezioni (ma con una retromarcia che avrebbe avuto risvolti politici pesanti) oppure «licenziarlo» ritenendolo responsabile di non aver saputo amministrare Roma. Ma la soluzione che è stata scelta e attuata ieri è un drastico taglio del «nodo di Gordio». Un colpo di spada, netto. Sul piano dello stile, si sarebbe potuto fare di meglio. Ma ora il punto è un altro: leggendo le dichiarazioni di Marino e di Renzi si ha l'impressione che questo chiarimento a distanza sarebbe stato molto più opportuno quando si cominciavano, un anno fa, ad addensare nubi scure sul Campidoglio. Rinviare i problemi è sempre un errore.

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