A Roccafranca l’incubo della droga

La Leonessa
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Eppure Roccafranca non è il Bronx, non è Scampia, non è il domicilio, elettivo o coatto, di un’umanità in disfacimento: è solo un paese della bassa bresciana come tanti, comunità un tempo benedette dalla solidarietà, da una relativa prosperità, dai valori vivi della famiglia e del lavoro. Ma proprio a Roccafranca è successo che il parroco abbia sentito l’urgenza di parlare di droga. La religione dello sballo si è impossessata dei giovani, li ha ghermiti drammaticamente, resi schiavi della sostanza ma non solo: anche di tutto quello che alla droga gira intorno. Certo se ne parla da 50 anni, di droga. Ma una volta era vista o come trasgressione culturale o come incolpevole schiavitù. Adesso, per i ragazzi di oggi, sballarsi è semplicemente normale. Racconta il sacerdote che un ragazzo del posto gli ha chiesto soldi per pagare gli spacciatori. Solo preoccupato delle ritorsioni del pusher in caso di mancato pagamento. Non dovrebbe essere normale e non lo è chiedere al parroco non conforto, non aiuto, ma i soldi per pagare gli spacciatori. Soldi dovuti. Come se fosse questo l’unico modo di vivere possibile. L’appello del sacerdote è a vigilare, se necessario denunciare, ritornare a fare rete con la solidarietà. Perché non esistono «drogati», ma solo vittime della droga. E le vittime vanno aiutate, protette.

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