Quando c’era la fame, la fame vera, lo spauracchio era quello dei ladri di polli. Poi in più moderni tempi di florida abbondanza (già passati anche quelli, tra l’altro, e purtroppo) il furto di pollame venne derubricato a reato minore, quasi giustificabile, e ai ladri di polli venne riconosciuta la patente di poveri diavoli che in fondo niente di così imperdonabilmente grave avessero commesso. Ma questo dopo, quando l’economia migliorava a vista d’occhio e pollo più, pollo meno non faceva gran differenza. E adesso? In quale momento storico siamo? Per furti di piccolo cabotaggio, chi ha necessità e mano lesta si rivolge all’equivalente contemporaneo dei pollai di una volta, piccole casette in cui sono custoditi piccoli tesori tascabili e con facilità arraffabili. Il riferimento è alle varie «macchinette» e distributori automatici, galline dalle uova d’oro restando in tema di pollame. A Brescia, all’Università, c’era un ladro specializzato in questa tipologia: gli sono attribuiti 36 colpi, per un bottino complessivo di circa 9 mila euro, gruzzolo pazientemente costruito monetina su monetina. Scoperto e finito in grossi guai, si è difeso spiegando di essere disoccupato e bisognoso, promettendo di non farlo più. Proprio come quelli di una volta.