I cinghiali del Garda e i perchè della vita

La Leonessa
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I pallettoni da 11/0 brillano di rispolverata gloria in alto Garda, alternati alla palla unica del 308 o ad altri grossi calibri a piacere, purché bastanti ad accoppare il cinghiale in un colpo solo, fuori uno e avanti il prossimo, che sono tantissimi. C’è chi dice che numerosi come quest’anno non se ne fossero mai visti, di certo mai così tanti se ne erano ammazzati in una sola stagione: 724 capi abbattuti nell’ultima campagna di contenimento, circa 200 più della media storica. Eppure il cinghiale, silvestre e boschereccio cugino dei rinciviliti maiali, ci risponde che lui del pallettone e della palla francamente se ne infischia e selvaticamente se ne frega: prolifera con entusiasmo, grufolando si moltiplica, tanto che in questa annata record per ammazzamenti sembra di vederne come non mai. Avrà ragione forse chi chiede più ampia licenza di uccidere, se così non basta. O avranno ragione forse gli etologi nel dire che una specie più la cacci e più tende a riprodursi, per conservare la stirpe. Ma nel dilemma ci sta una riflessione filosofica: mentre noi siamo in pieno inverno demografico (crollo record delle nascite) e non facciamo più figli nemmeno se ci sparano a pallettoni, sembra che ai cinghiali interessi più che a noi riprodursi, generare la vita, assicurare un futuro ai propri simili. Chissà perché.

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