Il decespugliatore selvaggio di Chiari

Giacomo Leopardi si starà rivoltando nella tomba. A Chiari sono spariti gli otto chilometri di siepi che cingevano i fianchi della nobile dimora simbolo del paese. Già, quelle siepi che ne «L’infinito» rappresentano il limite della capacità percettiva umana della natura che il poeta di Recanati supera di slancio con una lirica descrittiva. Ma c’è più prosa che poesia nell’operazione «decespugliatore selvaggio» scattata nel parco monumentale di villa Mazzotti, in apnea dopo anni di interventi tampone. Le opposizioni gridano allo scandalo sventolando la relazione del Fai che esaltava le siepi defunte. La maggioranza replica parlando di stime ridicole, declassando i cespugli ad arbusti storpi diventati ricettacolo di rifiuti e un ingombrante ostacolo alla fruizione della prospettiva dell’edificio storico. Ma mentre si litiga sulla lunghezza e la natura dei filari di verde spariti, la tomba dei cani, pezzo pregiato dell’arredo esterno della villa, riposa - si fa per dire - sepolta sotto un canneto. Nessuno dei governi locali che si sono avvicendati negli ultimi 30 anni ha varato un serio piano di valorizzazione del monumento. Un limite della capacità percettiva umana della natura che neppure la più struggente poesia di Leopardi riuscirebbe a superare di slancio.

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