Il lato oscuro della mountain bike

La Leonessa
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La Leonessa

Come in tutte le cose c’è del buono e c’è del brutto anche nei mulinatori di pedivelle, quelli delle ruote grasse, i patiti della mountain bike: gente che sa cos’è la fatica, che ha saputo riscoprire il contatto con la natura, che si mantiene sana e in forma (con sommo beneficio per il servizio sanitario nazionale), gente per merito e in onore della quale tanti luoghi idilliaci, ma un tempo impraticabili e misconosciuti, oggi sono stati riscoperti, attrezzati e resi accessibili. Se ne vedete passare uno, gridatelo con voce limpida, con timbro solenne: date una medaglia a quest’uomo! Perché i meriti di chi va in mountain bike sono in tempo di pace l’equipollente degli eroi di una battaglia duramente combattuta (a pedalare si suda) e patriotticamente vinta per il bene comune. Ma c’è sempre un ma: i fanatici, gli sconsiderati. Se ne trova un campionario al parco delle colline di Collebeato, dove qualche pirla di biker estremo (o brescianamente: cojò en biciclèta) è riuscito a sporcare l’immagine della categoria faticosamente costruita negli anni. Questi mentre passeggi a piedi ti sfrecciano sui calcagni, ti saltano in testa con la bici, sbucano dal nulla e ti fanno sussultare, incuranti di chi passa e di chi sosta. E con imperiosa indifferenza non si sprecano nemmeno, come usava invece una volta, a gridare «Pistaaaa!!!».

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