Il partito liquido si è liquefatto

Dal partito «liquido» fondato da Silvio Berlusconi al «partito liquefatto» il passo è stato breve. Così le diaspore di Forza Italia stanno consumando la pazienza di chi è rimasto in barca malgrado i marosi e vorrebbe vedere Arcore ancora come un approdo sicuro dove attraccare, senza dover pensare alle continue sbandate. Ma oggi le correnti rischiano di far naufragare il sogno del Cav. Inutile tentare di nascondere la polvere sotto il tappeto quando il ministro bresciano Mariastella Gelmini, a colpi di ramazza, la rimette in piazza chiedendo «coerenza sulle linee politiche». Inutile credere al partito sempre unito descritto da Antonio Tajani. La verità è che l’azzurro di Arcore è sbiadito dopo decenni trascorsi a brillare. Forse per questo lo spettro di una «fusione» con la Lega pare un incubo. A Brescia i «berluscones» della prima ora non vogliono passare per sovranisti e mirano a fare centro, ma politicamente distanti e distinti dall’alleato Matteo Salvini. Un gioco delle parti che annuncia vittime politiche e inevitabili nuovi equilibri. Come dire che l’epurazione di Massimo Salini dal coordinamento lombardo è la punta dell’iceberg mentre Fi è il Titanic che rischia di affondare sotto il peso del «cerchio magico» sempre più avvinghiato al Cav.

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