L'energia che manca e i no che abbondano

Gira ancora in rete a distanza di tempo quella «notizia» data qualche anno fa da Lercio, giornale satirico tra i più cliccati del web: «Livornese produce elettricità dalle bestemmie: la Toscana raggiunge l’autosufficienza energetica». Era uno scherzo, per fortuna (perché bestemmiare è peccato mortale), ma diciamo anche purtroppo: se il «metodo» funzionasse, certe osterie della provincia bresciana potrebbero produrre i kilowatt equivalenti di 24 centrali nucleari. Non funziona, per la salvezza dell’anima nostra, lasciandoci il problema di produrre energia in altre maniere. Ma come? Sembrava che tutti stessero aspettando in grazia l’alimentazione a idrogeno, ma si scopre che anche questo non piace alle associazioni ambientaliste, che ieri a Iseo hanno manifestato contro la progettata «Hydrogen Valley» sul Sebino. E la lista dei «no» si allunga: no al gas e no al biogas, no ai gasdotti e no ai gassificatori, no al petrolio e no al nucleare, no alle biomasse e no all’eolico perché le pale deturpano, no ai termovalorizzatori e sì al fotovaltaico ma non nei centri storici, e infine il no pure all’idrogeno. Ma allora come si fa? Si fa come quel livornese?

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