L’invettiva di Sgarbi e il 2023 «insolente»

È un logo che ha un suo perché. Quelle cifre curvilinee dei numeri 2, forme che gravate da molteplici gravami si piegano ma non si spezzano e poi ripartono caricate a molla, come a forma di molla è disegnato il 3 che chiude la sequenza 2023: Brescia Bergamo Capitale della cultura italiana. Le due città più crudamente trafitte, possiamo dirlo, dalla prima ondata del Coronavirus che ripartono a braccetto, oltre ogni confinaria rivalità, «più belle e più superbe che prìa». Accadendo tutto questo nell’anno 2023, il logo ufficiale è un 2023 stilizzato, colorato e non privo di chiari significati simbolici. Dice però Vittorio Sgarbi, magistrale conoscitore delle bellezza dell’arte: «È un logo di insolente bruttezza». Non solo brutto, secondo Sgarbi, ma di una bruttezza che offende, che ha l’insolenza di farsi vedere. Un giudizio abbastanza netto, quello del sottosegretario alla Cultura, da non suonare nemmeno particolarmente gentile. Una nettezza che ne merita altrettanta anche da parte di chi, a Brescia, può essersi comprensibilmente dispiaciuto di ciò. E allora: sì, se ne potevano scegliere mille di più «belli» fra milioni di soluzioni grafiche. Ma per Brescia ha già un significato, qualcosa rappresenta. L’insolenza forse è un’altra cosa.

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