La fame, la pandemia e i ladri di insaccati

La Leonessa
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Anche i piccoli criminali devono sfamarsi. E senza ristori del Governo per tirare insieme pranzo e cena vengono a patti con la loro fiera indole da malfattori. Il pusher che accetta in cambio della dose del formaggio Grana e i ladri che fanno razzia dei salami custoditi nella dispensa della Casa di riposo di Ghedi sono le due facce della stessa medaglia. Ma nessuno tiri fuori lo stato di necessità. Chi vende droga resta uno spacciatore, chi ruba rimane un ladro. A prescindere che la refurtiva o il compenso siano in natura. Semmai possiamo interrogarci se l’emergenza della pandemia non abbia riacceso gli atavici e ancestrali interruttori dei nostri «nonni». Che provati dalla carestia biblica del conflitto bellico, nel dopoguerra diventarono degli incettatori professionisti, mai sazi e sempre alla ricerca di beni - meglio se commestibili - da accaparrare: perchè da un momento all’altro può tornare a scoppiare la follia delle armi. Nella strettoia della battaglia al Covid ci è tornata la paura - ladri e pusher compresi - di vedere il frigo deserto, paradigma di un vuoto esistenziale creato dal lockdown. La nottata in fondo non è passata e con i chiari di luna potrebbe assumere un nuovo significato la parola «malvivente»: operaio disoccupato con moglie e cinque figli a carico.

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