Lo tsunami urbano di Viale Bornata

È una gag, diventata nel tempo un comune modo di dire, che si ricorda bene chi ha qualche capello bianco, o più di qualche: «Acqua Padre, che il convento brucia!», è l’invocazione, seguita poi, quando a gentile richiesta la pioggia arriva ma è diluvio devastante, dalla chiosa classica «Troppa grazia Sant’Antonio!». Mesi a parlare di siccità, di campi riarsi e di raccolti persi, di laghi bassi e di fiumi asciutti, eppure di acqua ce n’è, ma a volte nel posto sbagliato: per la strada. È successo a Brescia in viale Bornata. Lo scoppio di un tubo dell’acquedotto, un tubo di quelli grossi: quartiere senz’acqua per ore, l’onda anomala sull’asfalto, traffico bloccato su viale Piave e viale Venezia, autobus deviati per schivare quel piccolo grande tsunami urbano. Beh, succede che un tubo scoppi: squadre di emergenza al lavoro, vigili del fuoco, «fuochisti, macchinisti, uomini di fatica» avrebbe invocato Totò, e alla fine si può star tranquilli che tutto tornerà come prima, che l’acqua tornerà nelle case. Come prima. Ma non che il «prima» fosse il massimo. Come souvenir di questo fatterello, un pensierino: in Italia i buchi e le avarie della rete idrica fanno normalmente disperdere il 42% dell’acqua potabile. Così, giusto per ricordarlo,

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