Quella grande sete che trasforma in lupi

Superior stabat lupus, inferior stabat agnus: sono le prime parole della bimillenaria favola di Fedro, il lupo e l’agnello, una delle più efficaci metafore sull’arroganza del più forte. Perché su quel ruscello al quale i due animali si stavano abbeverando, il predatore era a monte, ma accusava l’agnellino a valle di intorbidirgli l’acqua. Un pretesto per attaccar briga, e una briga in cui il piccolo erbivoro era destinato a soccombere. Ma del resto anche i lupi devono pur mangiare, o no? Ecco allora che quella favola viene in mente oggi, con la pianura che reclama l’acqua dal lago d’Idro per irrigare i campi, ma anche il lago soffre su livelli drammatici e invoca un contributo da monte, dai bacini del Trentino. Nulla di fatto per adesso: «Solo trattative estenuanti e non risolutive». Ora, nessuno osa dire che il Trentino sia prepotente: come il lupo di Fedro aveva fame, anche i cugini trentini hanno sete e si tengono stretta una risorsa oggi divenuta drammaticamente rara e preziosa. Ma dov’è la solidarietà fra territori in tutto questo? Diceva Alex Langer, il padre del moderno pensiero ambientalista italiano, che l’ecologia ci insegna quanto siamo interdipendenti, e che per questo non c’è ecologia senza condivisione. Lezione dimenticata: la sete rende ci lupi, o agnelli da spolpare.

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