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Se il «protezionismo» dei poveri è una virtù

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I maligni l’hanno ribattezzato il protezionismo dei... poveri. Ma in realtà dietro all’idea controcorrente e coraggiosa del Comune di Sale Marasino c’è un concetto profondo e meditato che meriterebbe di diventare un modello da esportare. Costringere i destinatari del contributo a spendere i buoni spesa esclusivamente nei negozi e nelle attività artigianali del paese raddoppia i benefici dei fondi messi in circolo per dare ossigeno finanziaria a una comunità ancora stremata dagli effetti della crisi innescata dalla pandemia. Nessuno ha il coraggio di dirlo perché rischia di diventare impopolare, ma uno degli aspetti più controversi dell’erogazione a pioggia dei contributi resta proprio la destinazione finale di quei soldi. La mancanza di tracciabilità dei voucher è un limite. Talvolta le risorse rischiano di essere sperperate dal beneficiario in acquisti voluttuari, spesso finiscono nel circuito della grande distribuzione. Imporre di fare shopping nella bottega vicino casa o di tagliarsi i capelli nello storico barbiere del rione crea un circuito virtuoso. Che in ultima analisi può anche aiutare a ricucire i rapporti sociali a ricreare quel senso di comunità lacerato dalla strettoia imposta dalla sofferenza di lockdown, isolamento e paura di contagio.

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