Se l'alta velocità sembra una tradotta

La Leonessa
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Nell’era dell’Alta velocità e del super treno del futuro ai pendolari sembra spesso di viaggiare su una Tradotta militare. A pochi giorni dalla «Caporetto» delle Frecce Rosse mandate fuori orbita da un camion che ha tranciato la linea elettrica e dalla «ritirata» disastrosa con pullman sostitutivi deragliati, l’avaria di un convoglio ha tenuto in ostaggio l’altra notte settanta passeggeri in viaggio tra Brescia e Bergamo. Il treno si è bloccato a Ospitaletto e come un mulo stremato e testardo non ha voluto saperne di ripartire. Per ore i viaggiatori sono rimasti nelle carrozze trasformate in celle frigorifere dal Burian siberiano. Se si sfoglia a ritroso l’album di imprevisti e probabilità (sfavorevoli), più ricco delle carte del gioco del Monopoli, le ferrovie sembrano tutto tranne che super, tra convogli di pendolari affollati come carri bestiame prima e durante la pandemia, ritardi endemici e un campionario di disservizi degno di una Tradotta. C’è tempo per rimediare, ma speriamo che il mito della Tav non diventi per dirla alla Filippo Marinetti «il vibrante fervore notturno dei cantieri incendiati da violente lune elettriche, stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano». Un mito, appunto, buono solo per esaltare un futurismo... senza futuro.

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