Se la mensa dei bimbi si paga a «forfait»

I figli sono un pezzo di cuore (piezz’ ’e core) e accorate sono le dispute fra adulti quando di mezzo c’è la prole, loro, i pargoli. Dispute che si fanno inquiete e febbrili se ne è oggetto il nutrimento dei bambini, il pane della vita. Ma a Roccafranca la domanda è: quanto costa questo pane? Pare che nessuno al momento possa rispondere, perché non costuma in quel distretto bassaiolo l’usanza generale di pagare mensilmente il desco dei piccoli alla mensa scolastica. Mai emessi i bollettini, mai trasmessa ai genitori alcuna modalità per versare ogni mese il guiderdone relativo ai consumi alimentari della figliolanza. Si sa che un pasto costa 5 euro, altro non si sa. Per cui, al netto di assenze, raffreddori, mali di pancia e bua che fanno saltare giorni di scuola, ci vuole la calcolatrice. Ma anche ad averla, e ad aver fatto i conti, non c’è modo di pagare. Per i genitori c’è lo spauracchio di un saldo finale con i pasti di un intero anno scolastico, che - fatte due somme - può mandare a ramengo il ménage familiare. Oppure l’alternativa proposta dal Comune: pagare un «tot» subito, un forfait provvisorio, una cifra a scelta, e saldare alla fine: dacci un po’ di soldi subito e poi si vedrà. Ma è quel «si vedrà» che preoccupa. Non si può «vedere» adesso?

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