Ajmone, la magnetica fisicità di una vitalità instancabile

Annamaria Ajmone: riflessioni sul rapporto fra umanità ed ecosistemi
Annamaria Ajmone: riflessioni sul rapporto fra umanità ed ecosistemi
Annamaria Ajmone: riflessioni sul rapporto fra umanità ed ecosistemi
Annamaria Ajmone: riflessioni sul rapporto fra umanità ed ecosistemi

Nel buio della Sala Palcoscenico Borsoni il pubblico è seduto sui gradini di legno davanti a una semplice struttura colorata e illuminata che evoca senza alcuna intenzione descrittiva una sorta di foresta. È la scena di «La notte è il mio giorno preferito», ultimo lavoro di Annamaria Ajmone, una proposta di riflessione sul rapporto fra umanità ed ecosistemi, fra umanità e mondo animale; tema sul quale siamo inondati, specialmente negli ultimi anni, di allarmi che evocano, giustamente, catastrofi imminenti. La scelta di Annamaria Ajmone ha un impatto visivo e sonoro che immediatamente colpisce lo spettatore: dal buio del fondale emerge la sua figura, con un costume che allude a un corpo completamente tatuato e che si muove nel più completo silenzio. Poi i primi, lenti movimenti e i primi suoni da lei emessi, lunghe note che sembrano richiami, la ricerca di un contatto in una foresta ancora muta. È solo il primo passo di un lavoro che ben presto riempirà la scena di una vitalità instancabile, nella quale ogni fibra del corpo della danzatrice si muove senza posa in ogni direzione. In fondo il significato del lavoro di Ajmone sta nella conquista dello spazio intorno a sé senza volerlo dominare, inserendosi in una dimensione misteriosa ma nient’affatto ostile. Ma per far questo occorre misurarsi con se stessi, e il cerimoniale è in eterno divenire, da scegliere di momento in momento, magari vestendosi con una specie di mantello di una fibra raccolta da terra. Annamaria Ajmone a un certo punto si spalma sulla lingua una specie di bianchissima crema e quella lingua si muove e balena nel buio quasi ad assaggiare l’aria, come fanno i serpenti per avvertire presenze ostili o amiche. Il risultato è una spasmodica ricerca dell’altro in una formidabile e faticosissima performance nella quale certo hanno grande importanza anche le immagini Natália Trejbalová e le suggestive musiche di Flora Yin Wong, ma nella quale domina in modo assoluto la fisicità Annamaria Ajmone, che definire atletica sarebbe davvero riduttivo.•. L.Fert.

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