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Frank Capra, genio e maestro. La più meravigliosa delle vite

di Luca Canini
Torna in libreria «Il nome sopra il titolo», l'autobiografia di uno degli inventori della fabbrica dei sogni. Da Bisacquino, in provincia di Palermo, alla California e al tappeto rosso di Hollywood. Una carriera straordinaria culminata in una serie di capolavori che hanno fatto scuola
Frank Capra abbracciato da Barbara Stanwyck, che contribuì a lanciare nel firmamento di Hollywood
Frank Capra abbracciato da Barbara Stanwyck, che contribuì a lanciare nel firmamento di Hollywood
Frank Capra abbracciato da Barbara Stanwyck, che contribuì a lanciare nel firmamento di Hollywood
Frank Capra abbracciato da Barbara Stanwyck, che contribuì a lanciare nel firmamento di Hollywood

Vite meravigliose e dove trovarle. La più meravigliosa delle vite meravigliose: l’incredibile viaggio dell’uomo dei sogni Frank Capra, dalla Sicilia affamata e brulla di fine Ottocento ai piani altissimi di Hollywood, raccontato in prima persona in una delle più affascinanti e travolgenti autobiografie che siano mai state scritte.

Un'affascinante e travolgente autobiografia

Tornata di recente sugli scaffali della vostra libreria preferita grazie a Minimum Fax, che ha curato la seconda edizione italiana dell’imprescindibile, per chiunque ami il cinema, «Il nome sopra il titolo»; uscita per la prima volta nel 1971, a metà del viale del tramonto per il regista di una serie impressionante di capolavoripuntoebasta che solo a metterli in fila vengono i brividi: «Accadde una notte», «Signora per un giorno», «È arrivata la felicità», «Mr. Smith va a Washington», «Arsenico e vecchi merletti», «Arriva John Doe», «Lo stato dell’unione», «L’eterna illusione» e il super classico natalizio «La vita è meravigliosa», modello (inarrivabile) e precursore di tutte le poltrone per due, i mamma ho perso l’aereo, gli SOS fantasmi, i Grinch e i miracoli sulla 34ª strada a venire.

Dalla Sicilia ai piani alti di Hollywood

Dalla Sicilia ai piani altissimi di Hollywood, si diceva. L’incipit è simile a quello di tante altre storie italiane di fuga dalla miseria contadina: una famiglia troppo povera e troppo numerosa, un figlio che un giorno scompare e una lettera che qualche anno dopo arriva nientemeno che dalla lontanissima California (chissà se Edgar Reitz ha pensato alla vita di Capra per il Paul Simon di «Heimat»...). Inizia così l’avventura americana di Francesco Rosario Capra, nato nel 1897 a Bisacquino, in provincia di Palermo, e a soli cinque anni trapiantato sogni e bagagli nel West Side di Los Angeles. Mica facile trovare il filo nella frenesia dell’America lanciata verso i ruggenti anni Venti.

Ben presto la vocazione diventa "cristallina"

Strillone, lavapiatti, cameriere, studente di ingegneria chimica (con tanto di laurea), venditore di libri porta a porta, in divisa durante la grande guerra (senza mai finire in trincea), vagabondo, straccione: la giovinezza come una corsa a ostacoli. Fino all’epifania del cinema, uno dei tanti mestieri da inventare pur di arrivare a fine giornata con qualcosa nello stomaco.

Almeno all’inizio. Perché ben presto la vocazione diventa ineludibile, cristallina: «Ci sono uomini, e c’è il loro momento. Lincoln incontrò il suo a Gettysburg; Orazio Coclite al ponte; Galileo seduto in chiesa, osservando il ritmico ondeggiare del pendolo. Bene, io non so se incontrai il mio “momento“ quando per la prima volta guardai attraverso il foro di quella macchina da presa e vidi la prima scena del mio film. E tuttavia so che ebbi l’attacco di pelle d’oca più forte della mia vita, e un’eccitazione che mi scosse dalla testa ai piedi. Non potevo smettere di guardare. È passato mezzo secolo e i miei occhi sono ancora fissati a quel foro, sempre più affascinati dalle meraviglie che rivela».

E il crescendo è inarrestabile

Da lì in poi un crescendo inarrestabile. Montatore, trovarobe, scrittore di gag per Hal Roach, quello di «Simpatiche canaglie», e infine collaboratore del genio della comicità Mack Sennett. Il salto di qualità con la rampante Columbia di Harry Cohn, all’epoca aspirante major con le tasche piene solo di grandi idee. Comprese quelle di Frank Capra, il nome sopra il titolo dei primi successi di casa Columbia anche grazie agli incontri decisivi con Robert Riskin, l’altra metà del genio, il coautore delle migliori sceneggiature di Capra, e con la futura diva Barbara Stanwyck («si limitava ad apparire e allora sul set non esisteva nient’altro che lei»).

La consacrazione definitiva con «Accadde una notte», natto sotto i peggiori auspici («volevo solo farla finita con quel maledetto film»), girato in quattro settimane tra un capriccio e l’altro di Claudette Colbert e destinato all’immortalità. Il resto è mito più che storia. Il racconto della più meravigliosa delle vite meravigliose.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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