LA RICORRENZA

«Oldboy», sono già vent’anni. Fenomenologia di un classico

di Luca Canini
Taglia il traguardo dei due decenni di vita la più celebre e celebrata delle opere di Park Chan-wook. Da Cannes all'immaginario collettivo grazie a un mix inedito di sangue, intrighi e violenza La vicenda del recluso Dae-su e della sua sete di vendetta ancora oggi inquieta e avvince
Choi Min-sik, protagonista di «Oldboy» di Park Chan-wook, uscito nel 2003 e arrivato in Italia un anno dopo
Choi Min-sik, protagonista di «Oldboy» di Park Chan-wook, uscito nel 2003 e arrivato in Italia un anno dopo
Choi Min-sik, protagonista di «Oldboy» di Park Chan-wook, uscito nel 2003 e arrivato in Italia un anno dopo
Choi Min-sik, protagonista di «Oldboy» di Park Chan-wook, uscito nel 2003 e arrivato in Italia un anno dopo

Non è vero che tutto è iniziato con «Oldboy», ma di sicuro a partire dal 2003 qualcosa è definitivamente cambiato nella percezione della Corea del Sud come fenomeno cinematografico di rilevanza mondiale e non soltanto asiatica. Merito del classico di Park Chan-wook, uscito a Seoul e dintorni vent’anni fa e consacrato a Cannes qualche mese dopo (con tanto di premio speciale della giuria e benedizione del Re Mida del pop Quentin Tarantino: «È il film che avrei voluto fare io»); senza dimenticare che in quello stesso, fatidico 2003, con i due set allestiti praticamente in contemporanea e a pochissima distanza l’uno dall’altro (circolano in rete dei meravigliosi scatti di Song Kang-ho in visita ai colleghi impegnati nelle riprese di «Oldboy»), vide la luce un altro classicissimo della K-wave (o hallyu che dir si voglia): «Memories of Murder» del premio Oscar Bong Joon-ho (quattro statuette a referto nel 2020 con il fenomeno «Parasite»).

Qualcosa di simile a un anno zero, insomma, anche se i segnali dell’ascesa di Seoul erano già evidenti nel decennio precedente (basti pensare alla risonanza continentale che ebbe una commedia come «My Sassy Girl», che catapultò Jun Ji-hyun nell’olimpo delle dive asiatiche, o ai film di Lee Chang-dong, che sarebbe passato da Cannes con «Secret Sunshine», premio alla futura «Kill Boksoon» Jeon Do-yeon, e che poi avrebbe attirato l’attenzione del mondo, compreso Barak Obama, che lo inserì nella lista dei suoi preferitissimi, con «Burning»). Tutti pazzi per la Corea, con «Oldboy» come ultimo atto di una vera e propria rivoluzione della geografia planetaria dell’immaginario collettivo.

Un’onda lunga, quella partita dalla Croisette di Cannes, che non si è ancora fermata. Vent’anni dopo «Oldboy» resta uno dei film più visti e citati, capace di lasciare un’impronta profonda a più latitudini. D’altronde nessuno aveva mai visto qualcosa del genere dalle nostre parti. Certo, gli agganci e i rimandi erano più che evidenti (in particolare a Hong Kong ma anche ai wuxia cinesi, ai noir americani e a quelli giapponesi dell’epoca d’oro), ma la miscela esplosiva di sangue e intrighi sapeva inconfondibilmente d’inedito per il pubblico di questa parte di mondo. A dir poco sconcertato di fronte alla più che giustificata sete di vendetta del protagonista Dae-su, rinchiuso in una specie di stanza d’hotel per 15 interminabili anni senza sapere né il perché del rapimento, né il nome del rapitore.

Una lunga scia di sangue, cadaveri e violenza estrema dal momento del suo improvviso rilascio, sul tetto di un edificio, a scandire le tappe di un «mind game» a tinte noir che cattura e avvince. Fino al più inquietante e sinistro dei finali. Siamo in zona capolavoro. Non a caso molto è rimasto in fondo agli occhi di chi l’ha visto: dalla battaglia a colpi di martellate, al primissimo piano che chiude la pellicola tra le braccia della bellissima Mi-do e nel bel mezzo di un’abbondante nevicata (qualcosa che ricorda la «Lady Snowblood» di Meiko Kaji, altro film carissimo - e saccheggiatissimo - a - da - Tarantino). Una presenza fissa e costante «Oldboy» negli ultimi anni. E anche in questi giorni.

Per chi l’ha visto e per chi non c’era, lo trovate in streaming su Amazon Prime. Se però volete farvi un regalo, la Lucky Red ha finalmente deciso di distribuire un cofanetto Blu-ray che contiene le versioni in alta definizione della trilogia della vendetta del regista coreano, con «Mr. Vendetta» (2002) e «Lady Vendetta» (2005) a completare il quadro rosso sangue. Considerando che dalle parti di Mubi si trova ancora il meraviglioso «Joint Security Area» (2000) e che è arrivato in Blu-ray anche il recente «Decision to Leave» (2022), avete di che ingozzarvi ci Chan-wook fino a scoppiare. In tanti hanno provato a imitarlo (compreso Spike Lee), nessuno ci è riuscito.

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