«Così la cultura
scompare. E noi
con lei»

di G.P.L.
Il Teatro Sociale in occasione dello spettacolo «Troiane» andato in scena il mese scorso: nella foto si vedono gli spettatori seduti mantenendo il distanziamento sociale come previsto dalle normative anti-Covid 19 AGENZIA FOTOLIVELa Latteria Molloy aveva adeguato gli spazi per rispettare le normative
Il Teatro Sociale in occasione dello spettacolo «Troiane» andato in scena il mese scorso: nella foto si vedono gli spettatori seduti mantenendo il distanziamento sociale come previsto dalle normative anti-Covid 19 AGENZIA FOTOLIVELa Latteria Molloy aveva adeguato gli spazi per rispettare le normative
Il Teatro Sociale in occasione dello spettacolo «Troiane» andato in scena il mese scorso: nella foto si vedono gli spettatori seduti mantenendo il distanziamento sociale come previsto dalle normative anti-Covid 19 AGENZIA FOTOLIVELa Latteria Molloy aveva adeguato gli spazi per rispettare le normative
Il Teatro Sociale in occasione dello spettacolo «Troiane» andato in scena il mese scorso: nella foto si vedono gli spettatori seduti mantenendo il distanziamento sociale come previsto dalle normative anti-Covid 19 AGENZIA FOTOLIVELa Latteria Molloy aveva adeguato gli spazi per rispettare le normative

La situazione è grave ma non è seria, diceva Ennio Flaiano. Ed è quello che hanno pensato, rivedendo gli impianti sciistici presi d’assalto fino all’ultimo istante utile, i lavoratori del mondo dello spettacolo. Teatro, cinema, musica: tutti nuovamente in lockdown. Nonostante gli sforzi, nonostante i dati pubblicati dall’Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo): fra il 15 giugno e il 10 ottobre migliaia di spettacoli, centinaia di migliaia di spettatori e un solo contagiato in sala; così è, se fa fede l’apposita app Immuni. Eppure, si chiude. Ancora una volta, e chissà per quanto. «Siamo stati mandati tutti a Gardaland e quindi basterà tornare a casa per recuperare la vita vera... giusto? - il commento sconsolato di Ambra Angiolini, attrice che durante la prima quarantena ha lanciato con il Comune il progetto SoStieni Brescia per aiutare chi è in difficoltà per la pandemia -. Sono passati mesi, durissimi, nei quali molti nel nostro settore hanno scelto di fare le cose per bene e hanno immediatamente investito ancora più soldi per la sicurezza di tutti, sono andati avanti lo stesso senza aspettarsi troppo da chi doveva salvaguardare le categorie più “urgenti”. Ad oggi non ci sono prove della responsabilità del mondo della cultura sulla crescita esponenziale dei numeri di questo maledetto virus. Io non chiedo per me e neanche per un amico, chiedo per le famiglie dei lavoratori che mi sento di rappresentare che cercano un modo per lavorare senza doversi “attaccare ad un bonus”». Per la sua collega Laura Mantovi «questo secondo stop sarà durissimo per il mio amato settore “produttivo”. Produttivo di emozioni, scambi, riflessioni, crescita, professionalità e lavoro. Sì, perché in Italia c’è anche un grande numero di persone che di cultura e spettacolo prova a vivere. A farne appunto un lavoro oltre che una missione di vita. Sarà dura. E spero con tutto il cuore che serva perché io certe priorità espresse ed emerse da questi Dpcm non le capisco». Marina Rossi, docente di danza contemporanea, non si dà pace: «Abbiamo lavorato come muli rispettando le normative, cercando strade alternative per continuare a sostenere le nostre professioni, le tante realtà di teatro, danza, arte, musica presenti sul territorio della città. Questa nuova chiusura ci annienta e non ci riconosce. E non può essere applicata come un colpo di spugna che vanifica la resilienza, la flessibilità, la capacità gestionale, economica, artistica, culturale e sociale che abbiamo saputo e sappiamo esprimere e diffondere». La rabbia e la preoccupazione si estendono al grande schermo. Il regista Elia Mouatamid si rivolge a chi ha preso gli ultimi provvedimenti: «Bene, avete chiuso il CINEMA, non i cinema. L’ennesima dimostrazione che il cinema, l’arte, non possono essere considerati culturalmente LAVORO. Non sto qua a dilungarmi sulla assoluta ovvietà del fatto che una sala cinematografica è uno tra i luoghi più sicuri in assoluto. Questo è. Avanti così». Mentre l’attore Stefano Cassetti, ormai residente per larga parte dell’anno in Francia, a questo punto «meglio un lockdown serio di due mesi che uno con il contagocce per sei, giusto?». La mezzosoprano Annalisa Stroppa vive con scoramento quello che considera un dato di fatto: «Siamo ”superflui”... Anni e anni di studio, passione, dedizione, rinunce e sacrifici. È frustrante. Speriamo che ognuno faccia la propria parte con responsabilità e che tutto questo serva a qualcosa». Il cantautore rock Omar Pedrini invita a «tenere duro: almeno nell’ultimo decreto si parla di spettacolo e cultura, non siamo più solo quelli che fanno divertire. Certo, serve altro. Il momento è terribile per tanti lavoratori e per tante famiglie. Indispensabile un riconoscimento che in Italia è mancato troppe volte». Direttore di palco di Vasco Rossi, Diego Spagnoli teme che «per molti non rimarrà altra scelta che cambiare mestiere. Vendiamo emozioni che la gente è sempre stata contenta di pagare, ma in questo momento siamo l’ultima delle priorità». Francesco Schettino, direttore artistico di Jazz On The Road, è amareggiato dalla politica: «Un ministro che non è in grado di far valere e difendere con forza l’idea che quella culturale è un’azienda fondamentale per la crescita del Paese non è degno di tale nome, punto. È una grande delusione». Disperato Gianluca Serioli, anima di Eventi Macramé che ha appena dovuto rinviare un concerto sold-out di Eugenio Finardi: «Nessuno che aiuti le associazioni e le imprese che lavorano in provincia. Da oggi io sono morto». Luca Borsetti con la Latteria Molloy aveva programmato nelle difficoltà un cartellone di qualità per la nuova stagione «rispettando protocolli rigidi e investendo per adeguare gli spazi: paghiamo le conseguenze di esserci fidati delle promesse e di aver provato a continuare nonostante tutto. Il nostro futuro adesso dipende dagli aiuti, se ci saranno o meno». Nel frattempo, ricorda Lorenzo Tiezzi (comunicatore specializzato del mondo della notte), «le discoteche sono chiuse dal 23 febbraio senza sostegno. L’Italia è per troppi un’idea vaga. Continuerò a pagare ciò che devo a uno Stato che non mi rappresenta e in cui non credo più». •

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