Fra Dire Straits, Sting e Bertoli Peli dedica «Sette giorni» al figlio

di C.A.

Canzoni per una settimana musicale all’insegna della riscoperta di se stessi: s’intitola non a caso «Sette giorni» il nuovo album di Giovanni Peli, da poco sbarcato su Bandcamp in streaming gratuito, con download a 10 euro devoluti all’Associazione Culturale Lamantica. Sette brani, uno per ogni giorno, da «Lunedì» a «Domenica», con sottotitoli che guidano nell’impalcatura di metafore, immagini e contrasti sulla quale sono costruiti i testi sempre acuti e stimolanti del cantautore, scrittore, poeta e librettista bresciano, bibliotecario per la Cooperativa Zeroventi, editore per Lamantica. Ben 7 le raccolte poetiche pubblicate dal 1995, con un romanzo («Il candore», 2016), lo splendido racconto di Natale in bresciano e italiano «Brescia desquarciada» (divenuto anche un monologo teatrale) e raccolte di racconti per bambini. L’ultimo libro è «Onore ai vivi», un’altra raccolta di poesie nata insieme al primo figlio Sergio. Sul fronte musicale, Peli ha esordito nel 2010 con un album eponimo per Kandinsky Records: «Sette giorni» è il suo quinto lavoro, a due anni di distanza da «Gli altri mai». «È UN DISCO caratterizzato da una natura più solare, dedicato a mio figlio che ha oggi un anno e mezzo nella speranza che possa vivere intensamente le sue settimane – racconta Peli -. Ho voluto costruire questo concept settimanale all’insegna della vitalità per come la intendo io: non risparmiarsi, andare con coraggio verso un destino di emozioni, riflessioni, incontri e scontri, ricerca di purezza». Il disco è nato al Mikorstudio di Brescia con la produzione artistica di Michele Coratella, che ha anche suonato basso, chitarre synth, percussioni curando la programmazione: con lui fra i musicisti ospiti anche Silvio Uboldi e Matteo Rossetti al pianoforte e tastiere, Paolo Camisani al sarod, Ettore Ferronato alla tromba, Simone Gelmini alla batteria, e la cantautrice bresciana Angela Kinczly, con la quale Peli ha spesso collaborato. Il disco ha un tessuto musicale ampio e solido, che guarda al rock dei Dire Straits e al pop di Sting, flirtando con pigri ritmi reggae («Martedì: Le ragioni del sole»), mantenendosi però sempre fedele alla grande scuola della canzone d’autore italiana, con tocchi d’elegante ermetismo alla De Gregori e strizzate d’occhio a Bertoli, Battisti e Fossati. «Non ho molto in comune con le esperienze italiane contemporanee – ammette Peli -. Mi riconosco in un mondo forse demodé, ma di certo autentico». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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