Festival, seconda serata

I vincitori? Al Bano, Morandi, Ranieri... e Brescia Capitale

di Gian Paolo Laffranchi
Tutti in piedi per il trio inedito di guest star: la Storia della canzone all'Ariston. Amadeus omaggia la Leonessa e Bergamo per l'anno della cultura Una citazione per le città capaci di reagire con coraggio alla pandemia
Al Bano, Morandi e Ranieri sul palco dell'Ariston
Al Bano, Morandi e Ranieri sul palco dell'Ariston
Al Bano, Morandi e Ranieri sul palco dell'Ariston
Al Bano, Morandi e Ranieri sul palco dell'Ariston

Brescia vince anche così. Se l’anno scorso trionfava con Blanco, stavolta approda a Sanremo da ospite d’onore assieme a Bergamo: la citazione arriva alle 22.18, è un riconoscimento sancito da Amadeus che incorona idealmente sul palco dell’Ariston la Capitale della Cultura 2023. Il gran cerimoniere del Festival, per nulla attapirato («Striscia la Notizia» gli ha consegnato il poco ambito premio dopo il caso-Blanco), ricorda l’importanza delle due città, unite non solo dalla vicinanza geografica, ma anche e soprattutto per la capacità di reagire alla pandemia che le ha colpite tanto duramente. Per il resto. Dopo una partenza come quella di martedì, cosa potrà mai succedere? Se lo chiedono tutti, ai nastri di partenza della serata-2 di questo Festival di Sanremo dei record (pazzesca l’audience della prima: 62 per cento, percentuale bulgara).

Se lo chiede il pubblico dell’Ariston, quando i tre tenori della canzone italiana si palesano a teatro ventiquattr’ore dopo i Pooh, la band veterana per eccellenza. Ci saranno note alte impervie come quelle a cui s’aggrappava digrignando tutto Roby Facchinetti? Ci sono, ma in questo caso gli scalatori s’arrampicano in scioltezza. Gianni Morandi il co-conduttore, Massimo Ranieri che su un palcoscenico può fare più o meno tutto (Eduardo docet), Al Bano che «nel sole» continua a mostrare i muscoli di una voce che non invecchia. Duecentoventotto anni in tre. E spaccano ancora (no, non le scenografie).

Non ci sono presidenti, stavolta. Né imprevisti come l’ospitata distruttiva di Blanco (anche se Ranieri sembra provocare, quando intona «Rose rosse per teee...»). Ma spicca, clamorosamente, la distanza che c’è fra i classiconi portati in scena dall’inedito trio e tanti (troppi) dei pezzi in gara quest’anno. Non a caso la permanenza sul palco si prolunga assai (come i Pooh la sera prima, del resto). Al Bano, Morandi, Ranieri si abbracciano godendosi la standing ovation, una foto-ricordo che «fa la storia del Festival» (Amadeus dixit). «Ricominciamo da capo», scherza mr. Carrisi, che sta per compiere «quattro volte vent’anni» (Amadeus dixit bis). Quindi quattro torte di auguri. E «le mangiamo veramente, dopo» (Amadeus dixit ter).

Al posto di Chiara Ferragni ecco Francesca Fagnani, al fianco del conduttore-direttore-artistico. Una giornalista in luogo di un’influencer: la differenza c’è e si nota tutta. Come si nota la volontà del Festival di rendere omaggio a «Bergamo e Brescia Capitale della Cultura 2023»: citazione veloce e niente video, ma le città della rinascita post-Covid a Sanremo un posticino lo trovano. Giustamente. Altrettanta doverosa la finestra aperta per il ritorno di Drusilla Foer, questa volta all’Ariston per accompagnare l’attrice italo-iraniana Pegah, simbolo delle donne iraniane costrette da troppo tempo a lottare per il rispetto dei loro diritti fondamentali. Come sottolineava la sera prima Roberto Benigni, l’Italia avrà pure tanti difetti, ma sa ancora difendere il concetto di libertà.•.

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