«IL NOSTRO FONICO SI CHIAMA NATURA»

di Elia Zupelli
Il sound acustico degli Omani è stato messo a punto con una serie di concerti tra boschi, vigneti e prati
Il sound acustico degli Omani è stato messo a punto con una serie di concerti tra boschi, vigneti e prati
Il sound acustico degli Omani è stato messo a punto con una serie di concerti tra boschi, vigneti e prati
Il sound acustico degli Omani è stato messo a punto con una serie di concerti tra boschi, vigneti e prati

«La natura può allestire spettacoli straordinari: il palcoscenico è immenso, le luci strabilianti, le comparse infinite e il budget per gli effetti speciali illimitato». Se poi è anche in vena di ulteriori, gentili concessioni in termini di suoni, suggestioni, atmosfere, visioni e ispirazioni, può davvero trasformarsi nella dimensione d’elezione entro cui ambientare progetti artistici, alla ricerca di nuove strade e nuovi orizzonti da esplorare. Così, di necessità virtù durante l’inquieta stagione della «ripartenza», Omar Ghazouli (chitarra acustica, devoto a Frank Zappa) e il percussionista Nicola Bertuzzi (cajon e darbuka), dal 2017 riuniti sotto l’egida del duo Omani, hanno lasciato fluire la fantasia immaginando percorsi discografici alternativi, con ascendente bucolico-selvaggio: il loro nuovo album s’intitolerà «Registrazioni boschive», e come suggerisce il titolo non sarà inciso in uno studio comunemente inteso ma lungo un percorso sinestetico itinerante fra vigne, laghi, macchie di verde e situazioni idilliache varie ed eventuali. OVVERO LÀ DOVE i pezzi sono stati scritti, composti e suonati per la prima volta. Durante una serie di «concerti segreti» che hanno trasportato gli ascoltatori più inclini a vivere esperienze fuori dall’ordinario in quello che descrivono come «un viaggio nei suoni di tutto il mondo, dall'Africa al Mediterraneo in volo fino al Sud America, trame di un linguaggio universale che accende l'immaginazione, condito con un filo di jazz». La natura non è un posto da visitare, è casa nostra: spingendo al limite la loro attitudine sperimentale e non allineata, Omani «entreranno in studio» a fine agosto, («adesso è ancora impossibile, ci sono troppe cicale», si affrettano a precisare). RITMO TRIBALE, musica per luoghi: lago d’Iseo, ad esempio, zona Vello, «dove una sera in cui ero solo, molto triste, ho detto “fanculo tutto”, mi sono perso nell’acqua e ho scritto questa canzone che si chiama “Chiedilo al lago”». Oppure ancora, racconta Ghazouli - classe 1983, origini marocchine, già collaboratore di Alessandro Sipolo e fondatore dei Gugoon Shaff - «in una vigna a Sirmione, vicino alla residenza d’artista Benaco Arte, dove sono stato ospite per un mese assieme alla mia chitarra e dove sono nati diversi esperimenti musicali». Fra le varie tracce (otto in totale, evocative e autoprodotte: uscita prevista in autunno), anche la simbolica «Un giorno bellissimo», «che ha preso forma durante il lockdown, grazie alla collaborazione con lo scrittore e poeta bergamasco Sergio Cortesi». «In queste ultime settimane siamo diventati matti per procurare la strumentazione necessaria per ricreare il nostro studio mobile... corrente, scheda audio con otto ingressi, portatile, microfoni adatti. Un lavoraccio. Ma finalmente siamo pronti». La natura farà il resto, ma la tecnologia non sarà comunque esclusa. Anzi. «L’idea è provare a vendere in anticipo il disco tramite i nostri profili social, per finanziare il progetto in questo periodo che ci ha messi a dura prova: i primi cinquanta che lo acquisteranno saranno invitati al prossimo concerto segreto che faremo nel nostro amato bosco!». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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