«Il segreto dei Nomadi? Mai di moda»

di Gian Paolo Laffranchi

Pensi a loro e ti sembra che esistano da sempre. Potenza dei Nomadi, band come nessun’altra nella storia della musica italiana. Longevità assoluta (57 anni di attività), coerenza (nei testi e nelle scelte musicali) e una determinazione incrollabile: sono stati i primi a tornare a far concerti a Carmignano di Brenta, in provincia di Padova, l’11 luglio, e questa sera alle 21 saranno al campo sportivo dell’Oratorio di Iseo per Eventi Macramé, rassegna che come loro prova a fare musica e cultura nonostante l’emergenza dovuta alla pandemia da Coronavirus. Il concerto è sold out. «Non sono un veggente, ma credo che ancora una volta ritrovare il nostro pubblico sarà bellissimo», sorride Beppe Carletti. Anima storica e unico fra i fondatori a essere ancora nella band. Vi è stato chiesto mille volte, ma lo stupore rimane: qual è il segreto di tanta inossidabilità? «Il passaparola. La prima forma di social. Ecco il trucco del pubblico che si rinnova, anche se le radio non ci passano mai». Non siete mai stati di moda. «Il segreto è proprio questo. Le mode passano. Chi non è di moda può restare, se ha qualcosa di importante da dire. Noi siamo come una famiglia con i nostri fan, di generazione in generazione: ci vengono a sentire amici, nonni e nipoti, fidanzati e sposi, genitori e figli. Questo, sono sincero, ci riempie ogni volta il cuore di gioia. Trasmettiamo e riceviamo emozioni: non ha niente a che vedere con il genere musicale del momento. È qualcosa autentico». Nessuna band è sopravvissuta alla perdita del frontman. Come avete fatto a sopravvivere senza un gigante come Augusto Daolio, mantenendo un’identità? «Non siamo più bravi degli altri, anche se ci è riuscito obiettivamente qualcosa che non ha precedenti. Abbiamo semplicemente raccontato la vita. La storia delle 24 persone che hanno costruito il percorso dei Nomadi, di cui andiamo fieri. Non succede niente per caso. E noi comunque abbiamo sempre mandati messaggi di speranza anche nelle difficoltà, a partire da Dio è morto. Perché poi è risorto». Dopo la morte di Daolio, Piero Pelù disse che i Nomadi erano l’esempio di costanza da seguire per ogni band in Italia. Era il 1993. «Siamo resistenti, sì... E Piero oltre ad essere un grande artista, un mattatore, è un amico vero. Me lo dimostra ogni volta che ci vediamo, in ogni dichiarazione che rilascia su di noi: ha sempre sbandierato una stima e un affetto che sono assolutamente ricambiati». Se le dico Timoria? «Per Omar Pedrini posso ripetere i concetti espressi per Piero Pelù: Omar è un amico, un modello di coerenza, un musicista che se ne è infischiato delle mode come noi ed è ancora qui, con tutto quello che ha da dire. La gente queste cose le capisce». Gente che ritrovate a Iseo, stasera, sotto le insegne di Eventi Macramé. «Che come noi ha avuto il coraggio di ricominciare. Io non voglio certo demonizzare le discoteche, so che tutti devono poter lavorare, ma dico che ai concerti come il nostro, con le misure di sicurezza che prendiamo e l’educazione del pubblico, non succede niente! Se non lo scambio d’amore con i nostri fan. Qualcosa di stupendo».

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