Nel gorgo bernhardiano: cosa resta della famiglia?

Franca Penone protagonista con Ludovica Modugno e Gianluca Ferrato
Franca Penone protagonista con Ludovica Modugno e Gianluca Ferrato
Franca Penone protagonista con Ludovica Modugno e Gianluca Ferrato
Franca Penone protagonista con Ludovica Modugno e Gianluca Ferrato

La vita come rappresentazione. Comica, irrequieta, talvolta tragica. Eppure sempre venata da un ghigno sarcastico, capace di riscattare ogni ostacolo. Magari per dirsi che, in fondo, nulla è realmente serio. C’era grande attesa per «Ritter, Dene, Voss», rilettura di Thomas Bernhard targata Ctb, che torna a dare forma nella cornice del Teatro Sociale (in scena fino a domenica) al flusso bernhardiano attraverso l’accurata scenografia di Carlo De Marino. Che ricrea un salotto borghese senza tempo, nel quale le due sorelle Ritter e Dene ritrovano il fratello Ludwig, riportato a casa dal manicomio di Steinhof, in una «tragicomica partitura in tre movimenti»: la resa dei conti di ciò che rimane di una famiglia. Quando le luci calano, la scena del teatro assume le forme di una sala da pranzo, all’interno della quale il talento di Ludovica Modugno e Franca Penone dialoga con Gianluca Ferrato, nel vortice del filo della memoria, tentazione e tranello degli affetti, autentico sepolcro delle relazioni e territorio del fallimento personale. La regia di Elena Sbardella costruisce, in un crescendo di introspezione, la seduta psicanalitica di un amore fraterno che si distorce fino a diventare ferocia dei sentimenti, «in un mondo che scambia la causa con l’effetto». Mentre l’odore del manicomio sembra pervadere ogni angolo, i personaggi si riconoscono nell’impossibilità di comprendersi, perché «in una sala da pranzo nasce la disgrazia», mossi fino al lirico finale dalle voci registrate fuori scena che li muovono come fantasmi, fantocci di carne che scambiano la vita con la scena, in una lunga cronologia degli errori.•. S.M. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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