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«No Way Home», dietro le quinte dell’ultimo film dell’Uomo Ragno

di Luca Canini
È arrivato anche in Italia l'ultimo capitolo della trilogia di Jon Watts dedicata alle avventure dell'Uomo Ragno. Scrittura solidissima, regia pirotecnica, cattivi d'antan, la consacrazione di Tom Holland: il miglior titolo Marvel della fase quattro conquista e spalanca le porte a un nuovo futuro

Ci voleva un supereroe per salvare il Natale al cinema. «Spider-Man: No Way Home», capitolo numero 27 del Marvel Cinematic Universe, ha fatto il proverbiale botto. Impressionanti i numeri al botteghino del film di Jon Watts (regista anche di «Homecoming» e «Far from Home»): 8,2 milioni di euro incassati in Italia nell'ultimo fine settimana prima di Natale, con il record di 347mila biglietti staccati solo domenica 19; 637 milioni di dollari a livello globale al 21 dicembre, 260 nel primo weekend di programmazione negli Stati Uniti (più dei 257 portati a casa da «Infinity War» e secondo solo a «Endgame» con i suoi 357). Insomma, una benedetta boccata d'ossigeno per la fabbrica dei sogni, un ritorno alla quasi normalità che rimette in sesto almeno in parte un anno comunque da incubo.Cronaca di un successo annunciato? Forse. Ma non in queste clamorose proporzioni. E il merito, oltre che dell'inossidabile presa sul pubblico dell'Uomo Ragno e della comprensibile voglia di blockbuster da masticare di nuovo con gli amati pop corn, è di un ultimo capitolo della trilogia di Watts che svetta alla grande nell'anonimo gruppo delle uscite targate fase quattro: il prescindibile «Black Widow» (boh), il tremendo «Shang-Chi» (meh) e il passabile «Eternals» (ok... ma).Un superhero movie da leccarsi i baffi, «No Way Home», che si spinge ben oltre il livello fanservice; da applausi scroscianti e convinti. In primis per gli sceneggiatori, Erik Sommers e Chris McKenna, autori di uno script solidissimo e pieno di trovate. Come le migliori canzoni, alle quali bastano un piano o una chitarra per arrivare dove devono arrivare, anche i migliori film devono prima di tutto funzionare sulla carta, al netto di effetti speciali e trucchi digitali che spesso, nell'era del tutto è possibile, sono usati come stampelle per tenere in piedi una scrittura zoppicante. Bene il plot, quindi, che senza spoilerare troppo si regge sull'idea (geniale!) di far confluire in un un'unica pellicola (fisicamente, badate bene, e non solo idealmente) vent'anni di multiverso a forma di ragnatela: Sai Raimi e la sua trilogia, che ha avuto il merito di fissare il canone nell'era di Tobey Maguire, i due capitoli girati da Marc Webb, con il testimone nelle mani di Andrew Garfield, e ovviamente le precedenti uscite dell'amichevole Spider-Man di quartiere Tom Holland, dagli approfondimenti a lui dedicati alle comparsate al servizio degli Avengers.Tutti insieme appassionatamente, cattivi compresi (Goblin, Electro, Doctor Octopus, Lizard e Sandman), per una rimpatriata che sa di fine di un'epoca (e di inizio di qualcosa di nuovo); un rito di passaggio alla vita adulta per l'Uomo Ragno-Tom Holland, che attraverso il dolore della perdita e la consapevolezza del destino di solitudine che lo aspetta (da un grande potere derivano grandi responsabilità, ricordate?), si guadagna definitivamente i gradi di supereroe. Menzione di merito per un mai meno che fantastico Benedict Cumberbatch-alias Doctor Strange (c'è da fremere al pensiero che a marzo potremo finalmente vedere «Multiverse of Madness» di Raimi) e per Marisa Tomei nel ruolo dell'immancabile zia May: i migliori in un cast che riallinea mostri sacri della saga come Willem Dafoe, Alfred Molina, Jamie Foxx e Rhys Ifans, oltre ai già citati Maguire e Garfield. Per un ritratto di famiglia che ha i suoi momenti esaltanti anche a livello registico (quanto è bella la sequenza nella Mirror Dimension? Tra il Nolan di «Inception» e il Kaufman di «Synecdoche»), ma che soprattutto spalanca per la prima volta le porte del multiverso e delle sue infinite possibilità ricombinatorie. Intuite in precedenza, certo, ma mai così esplicite. Un multiverso al centro del quale c'è lo spettatore, che le dimensioni degli altri Spider-Man le aveva già visitate nel corso degli ultimi 20 anni. Siamo noi i viaggiatori del dello spazio e del tempo. E il cinema, quello vero, è la nostra navicella.. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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