l'intervista

Omar Pedrini: «La mia musica per i giovani Aiutiamoli a salvare il pianeta»

di Gian Paolo Laffranchi
Lo zio rock il 16 giugno pubblicherà l'album «sospeso» e si esibirà in castello.
Omar Pedrini, 56 anni dopodomani: «Sospeso» sarà il suo 19esimo disco
Omar Pedrini, 56 anni dopodomani: «Sospeso» sarà il suo 19esimo disco
Omar Pedrini, 56 anni dopodomani: «Sospeso» sarà il suo 19esimo disco
Omar Pedrini, 56 anni dopodomani: «Sospeso» sarà il suo 19esimo disco

Una musica nuova: «Il diluvio universale» come singolo, «Sospeso» il disco imminente. L’impegno di sempre: al fianco dei giovani, per l’ambiente. «Dobbiamo aiutarli a salvare il pianeta», dice Omar Pedrini con lo stesso slancio che lo riporterà sul palco, a casa sua, il 16 giugno: appuntamento alle 21 al Castello di Brescia per riascoltare i classici (dei Timoria come della carriera solista) e scoprire alcuni dei pezzi in uscita quello stesso giorno. «Sarà un album - anticipa lo Zio Rock - sincero, impetuoso; impegnato, provocatorio. In una canzone cito Ultima Generazione, prendendo posizione. Me ne assumo la responsabilità: se sono terroristi loro lo sono anch’io, cattivo maestro. Noi artisti dobbiamo captare quello che ci accade intorno. È ora di pretendere i fatti. Caro governo, a prescindere dal colore anche perché io sono anarchico e non faccio discorsi partitici, il mio è un ragionamento politico: se non parlate con i ragazzi qualcuno di loro passerà alla violenza. Li denunciate? Poi non lamentatevi se ci sarà un’altra Genova, se torneranno le bombe Molotov. È il momento del dialogo: i ragazzi vanno ascoltati, hanno le loro ragioni. E lo dico io che sto male se qualcuno tossisce davanti a un quadro, io che qui ho organizzato Brescia Music Art».

Se guarda al futuro?

Nel 2050 Firenze avrà la temperatura di Marrakech. Mio figlio avrà 32 anni: che mondo gli lascio? Pensiamo davvero che allora l’aria condizionata verrà usata per le opere artistiche e non invece riservata alle ville dei pochi ricchi? Raffreddare le città è una spesa enorme. Non è catastrofismo. Da più parti provocano i giovani che protestano per l’ambiente, invitandoli ad andare a spalare per le popolazioni alluvionate: ma lo fanno già. Li colpevolizzano perché bloccano il traffico e imbrattano i capolavori, per i costi relativi: ma quanto ci costeranno le spese ospedaliere per tutte le malattie dovute all’inquinamento? Quanto ci costerà la sanità, con tutti i tumori che dovremo curare? Dobbiamo agire! C’è una giusta guerra da fare, tutti insieme, ed è questa. Qui viene fuori l’ultrà che c’è in me: avessi vent’anni scenderei in piazza anch’io. Sono nato incendiario, voglio morire piromane. Il mio è l’album di un piromane.

Il brano che lancia il nuovo disco, «Il diluvio universale», è un fragorosissimo pezzo rock

Dopo il successo del «Viaggio senza vento tour» mi è venuto spontaneo riprendere in mano la chitarra elettrica e non mollarla più. Ho scritto pezzi asciutti, da 3 minuti e mezzo. C’è il mio stile, ci sono le sonorità anni ’70, gli strumenti vintage grazie allo studio di Carlo Poddighe: mellotron, moog, rhodes... Solo Mauro Pagani dispone di altrettanta strumentazione del genere in Italia. E speriamo che ci sia davvero un’inversione di tendenza. Vedo tante giovani guitar band in giro, in Inghilterra come in Italia.

I Måneskin hanno appena fatto sold-out all’O2 Arena di Londra

 Difatti. Io sono come l’oste che sai quello che ti dà.

Vino buono

Rock and roll! Da anni imperversano rap, trap, musica sintetica a volte anche asettica. L’indie è un mondo che mi piace, sono felice che gli artisti di quell’ambito mi citino, felice di essere stato invitato a Milano da Chiello. Non ho mai detto «Ai miei tempi era meglio», quando lo farò vorrà dire che sono vecchio. Negli anni ’90 bisognava essere cantautori impegnati, sennò non venivi considerato; io, Manuel Agnelli, Cristiano Godano, prim’ancora Piero Pelù e Gianni Maroccolo, siamo sopravvissuti da allora perché abbiamo i contenuti. I ragazzi di oggi hanno così tanto problemi che al confronto la «generazione senza vento», la prima sfigata di sempre, era fortunata. Assolutamente normale che si chiudano nella loro cameretta e scrivano canzoni d’amore, lasciando tutto il mondo fuori con le sue pesantezze. Penso a mio figlio piccolo, Leone Faustino Paolo: che futuro ha? «Studia per fare un bel lavoro», potrei dirgli un giorno: sì, ma quale? Emigrando, forse.

Il video de «Il diluvio universale» è stato girato in una discarica a Calcinato e fra i vigneti della Franciacorta: il contrasto fra il mondo attuale e quello che fu, video di protesta per una canzone di protesta. Alluvioni, bombe d’acqua: di sicuro non un tema di comodo per chi come lei affronta questi temi da tempi non sospetti, ripensando a «2020» e a «Pianeta blu».

Mi diedero del profetico per «2020», poi pubblico un pezzo come «Il diluvio universale» e succede il finimondo in Emilia Romagna. Ora mi arrivano decine di video da questa terra e sono fiero di poter essere la colonna sonora di un impegno condiviso: «Non c’è da dire / ma c’è da fare».

I bresciani stanno facendo

Eccome, in Emilia Romagna come sempre. A L’Aquila, per il terremoto, alle 7 del mattino arrivarono per primi gli alpini di Trento e di Brescia: un’ora dopo, quando già stavano insegnando agli aquilani a costruire i muretti, arrivò la Protezione Civile.

Nel disco si affronteranno anche altre tematiche riguardanti i giovani, oltre all’ambiente?

Certo. C’è una canzone dedicata ai giovani che non si accettano più per via di certi modelli che impongono i media. L’altro giorno mia figlia, 10 anni, mi ha detto «Papà, sono grassa»: sono preoccupatissimo per le nuove generazioni.

È anche carico e in formissima, nonostante mesi non facili per i problemi al cuore

Vengo da un periodo «Sospeso» come il nostro pianeta, come i nostri giovani. Nemmeno io avevo idea del mio futuro: 5 interventi in 2 anni metterebbero in ginocchio chiunque. Mi son detto che se fossi tornato a fare musica, avrei dovuto fare qualcosa di profondo. Di impegnato, come questo disco.

Quanta voglia ha di tornare a suonare a casa sua, in Castello?

Tantissima. Due anni fa sono stato fra quelli che hanno sostenuto il Castello nella competizione tra i luoghi più belli d’Italia secondo il Fai: siamo arrivati sul podio. È dove andavo con i miei genitori da bambino. L’immagine che conservo: io, vestito con una blusina inglese stile Beatles, a tracolla la custodia della macchina fotografica di mio papà, fotografato sulla locomotiva, con le giraffe allo zoo. Durante il concerto mi torneranno in mente tanti ricordi della mia infanzia felice.

Come si svilupperà il concerto?

Apriranno i giovanissimi Mazzy Opera: hanno suonato in Latteria Molloy, sono molto interessanti. Una guitar band, cresciuta a pane e rock italiano: ho passato tanti spartiti dei Timoria al chitarrista, Leonardo. Poi con me ci sarà la band che mi accompagna da tempo: Stefano Malchiodi, Simone Zoni, Mirco Pantano, e naturalmente Carlo Poddighe.•.

Suggerimenti