«Spregiudicatezza? Non l’amo, a meno che...»

Vito Mancuso: ha 58 anni
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Spregiudicatezza: da un lato libertà dal pregiudizio e dagli schemi, dall’altro spavalderia ed incoscienza. Molti la definiscono un intellettuale spavaldo, si riconosce nella misura in cui è per Lei la spregiudicatezza? È una parola molto ambigua e non mi piace molto. Se intesa come libertà ed onestà intellettuale, non appartenere agli schemi dell’istituzione, pensare con la propria testa, allora sì, sono spregiudicato, ma ribadisco, non mi piace. Se invece è intesa come agire senza giudizio, senza che ci sia stata ponderazione, no. È il contrario di ciò che faccio. Vedo la spregiudicatezza anche come sinonimo di irriverenza. Mi ci posso riconoscere nella misura in cui non mi ritengo sottomesso a priori al principio di autorità. Sia che essa sia del Papa, del Presidente o di chiunque altro. Io analizzo sempre, medito ed esprimo il mio parere. È questo ciò che dovrebbe fare un buon filosofo o teologo. Meditare, soppesare. Fare teologia oggi non ha più seguito sulla coscienza contemporanea. Serve argomentare, pensare. Sempre e comunque.

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