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Brescia Calcio, Azerion saluta e va via: il futuro sarà forse bresciano?

di Gian Paolo Laffranchi
Cellino valuta il da farsi per passare la mano: il gruppo olandese non è più interessato. Una cordata di imprenditori locali è l’ipotesi più plausibile per risollevare il club in difficoltà
Palla in rete allo stadio Rigamonti: in stallo la vendita del Brescia calcio
Palla in rete allo stadio Rigamonti: in stallo la vendita del Brescia calcio
Palla in rete allo stadio Rigamonti: in stallo la vendita del Brescia calcio
Palla in rete allo stadio Rigamonti: in stallo la vendita del Brescia calcio

Da Miami il Brescia con i suoi problemi potrà apparire più lontano, ma cambiare punto di vista non sposta di un millimetro la classifica: la squadra resta ultima, in piena zona retrocessione, chiamata ad una rimonta senza precedenti (negli ultimi 10 anni chi è in queste condizioni a questo punto della stagione non si è mai salvato). Dall’America, in attesa di tornare (probabilmente per la sfida con la Ternana, in programma al Rigamonti lunedì 10 alle 15), Massimo Cellino può invece riflettere sul da farsi sul piano societario. Sotto questo aspetto il presidente concorda con quella parte della piazza (la maggioranza) che gli chiede di passare la mano. Ma a chi? Stanco e deciso a vendere da quando era esplosa la vicenda giudiziaria che poi si è risolta a suo favore (il maxi-sequestro legato a indagini su reati fiscali), Cellino sperava di aver trovato in Azerion un perfetto interlocutore. Ma il gruppo olandese saluta e se ne va: non è più interessato. Il Brescia, ai suoi occhi, non è più ciò che era solo pochi mesi fa.

Il "capitolo" Azerion

Azerion si era mosso a dicembre alla ricerca di un club italiano ricco di prospettive per potersi radicare in un Paese in cui già è presente da tempo. Attivo nel settore dell’intrattenimento e dei media digitali con una quindicina di diramazioni in Europa, ha già investito nel Fortuna Sittard (Eredivisie, cioè la A olandese). Aveva chiarito subito di non essere interessato a spendere soldi per un club di Serie C: i risultati erano e sono, come sempre, un fattore determinante. Se il Brescia fosse quello dell’anno scorso, in corsa per la promozione, lontano dalla zona-pericolo e pieno di risorse tecniche, Azerion sarebbe pronto all’affare. Ma oggi i Tramoni, i Leris, i Palacio e i Moreo non ci sono più e sono stati sostituiti poco, male o per nulla. I cambi di allenatore non hanno aiutato, la squadra si è infilata in un cono di depressione e l’umore della piazza è ai minimi storici, con tanto di contestazione aperta della tifoseria organizzata. La marcia dell’orgoglio biancazzurro promossa dalla Curva Nord è stata un messaggio chiaro.

Cosa potrebbe accadere

Il futuro potrebbe essere bresciano. Una cordata di imprenditori disposti a risollevare una società mai così in basso negli ultimi quarant’anni. Nella scia di esempi incoraggianti: la proprietà «local» è in odore di promozione con la Feralpisalò in B (un inedito sorpasso è nell’aria con la regìa di Giuseppe Pasini), ma anche con il Lumezzane in C (con Lodovico Camozzi patron e alla presidenza l’Airone Caracciolo, ex capitano e bomber del Brescia). Nel basket, poi, ha conquistato una Coppa Italia storica la Germani, guidata dall’amministratore delegato Mauro Ferrari. Al fianco del timoniere del Brescia c’è Ettore Prandini («l’unico bresciano che mi ha dato una mano», Cellino dixit). Presidente nazionale di Coldiretti, l’ha aiutato nel trovare lo sponsor principale, il salumificio valtellinese Rigamonti. «In un momento come questo mi pare corretto intervenire», dichiarò su queste colonne un mese fa Prandini. «Gli imprenditori disponibili a investire ci sono, servono le giuste condizioni perché questo avvenga. Se posso aiutare a trovare realtà disponibili a sostenere la squadra, lo faccio volentieri». Il momento di voltare pagina potrebbe essere arrivato. Il prossimo Brescia potrebbe parlare di nuovo bresciano, come ai tempi di Gino Corioni.

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