l'intervista

Alessandro Quaggiotto: «Com'è cambiato il calcio A 60 anni lo amo sempre»

di Vincenzo Corbetta
«Com'è cambiato il calcio A 60 anni lo amo sempre»
Alessandro Quaggiotto in festa per la promozione in A del Brescia ’91-92: ha trionfato anche con Bologna e GenoaAlessandro Quaggiotto, 60 anni oggi: ex giocatore e dirigente del Brescia
Alessandro Quaggiotto in festa per la promozione in A del Brescia ’91-92: ha trionfato anche con Bologna e GenoaAlessandro Quaggiotto, 60 anni oggi: ex giocatore e dirigente del Brescia
Alessandro Quaggiotto in festa per la promozione in A del Brescia ’91-92: ha trionfato anche con Bologna e GenoaAlessandro Quaggiotto, 60 anni oggi: ex giocatore e dirigente del Brescia
Alessandro Quaggiotto in festa per la promozione in A del Brescia ’91-92: ha trionfato anche con Bologna e GenoaAlessandro Quaggiotto, 60 anni oggi: ex giocatore e dirigente del Brescia

Alessandro Quaggiotto oggi compie 60 anni. Da calciatore, da dirigente, da consulente assicurativo e finanziario, la sua professione attuale, l’eleganza e lo stile da sempre sono il suo tratto distintivo.

Quaggiotto, da fuori il calcio è diverso che dall’interno?
È sempre una grandissima passione. Ma c’è qualcosa che non capisco.

Che cosa?
Perché in Inghilterra e Spagna giocano il campionato con gli stadi pieni e in Italia si ferma tutto?

Troppa prudenza da noi?
La prudenza non è mai troppa con quel che stiamo vivendo da 2 anni.

Il calcio è cambiato rispetto a quando giocava lei?
Eccome, e in tante cose.

In primis?
Nella velocità. Si fa tutto molto più rapidamente. I giovani oggi ricevono nozioni di tecnica da fare in velocità. E poi, rispetto ai miei tempi, le Tv fanno tutta la differenza di questo mondo.

Dal punto di vista economico?
Non solo. Io sapevo chi era Pelè e quanto era grande, ma le occasioni per vederlo erano rarissime: giusto i Mondiali ogni 4 anni. In Tv trasmettevano poco altro: gli Europei, la finale di Coppa dei Campioni. C’erano i giornali che descrivevano quel che accadeva, la radio ti faceva immaginare le partite.

E oggi?
Volendo, si possono seguire tutte le partite di Messi, di Cristiano Ronaldo, delle migliori squadre. I giovani, che hanno una grande velocità di apprendimento, vedendo i più grandi imparano cose che negli anni ’70 ci sognavamo.

Ha citato Pelè. Ma lei ha affrontato Maradona al San Paolo in Coppa Italia con il Bologna. Il più forte?
Pelè era il numero uno in assoluto come atleta: sapeva fare tutto benissimo. Ma Maradona era la tecnica purissima, l’essenza del calcio. Ricordo che, quando lo affrontai, fui colpito dalla gioia che aveva negli occhi di giocare a calcio. Emanava felicità e faceva cose con il pallone che nemmeno il giocoliere più bravo di tutti i tempi. Unico.

Ha più visto una gioia così in altri calciatori?
Nei ragazzini. Sono talmente presi da quello che fanno, che hanno sguardi sognanti quando giocano. Il calcio è bellissimo anche, soprattutto per questo.

E se si dice Brescia, Ospitaletto, Bologna e Genoa, le piazze che hanno segnato la sua carriera agonistica?
Al Brescia sarò sempre grato: mi ha cresciuto e fatto diventare professionista. Poi non ha fatto molto per tenermi, ma succede. All’Ospitaletto devo tantissimo per la ripartenza: venivo da un infortunio, l’allenatore Bicicli mi volle. Fu una fantastica annata di Serie C2, purtroppo conclusa con uno spareggio-promozione perso ai rigori, a Mantova contro il Trento. Bologna è stata una favola incredibile. Arrivai l’anno prima di Maifredi: l’allenatore era Mazzone. Ricordo che, a fine campionato, giocammo in amichevole con l’Ospitaletto che aveva appena stravinto la C2. Nel primo tempo, con le squadre titolari, non beccammo palla. Poi Maifredi arrivò a Bologna: all’inizio c’era scetticismo, ma nel giro di 3 partite conquistammo una città intera.

E il Genoa?
Andammo in A. Giocai 38 partite su 38 con 6 reti, record personale. Indimenticabile.

Come la promozione in A con il Brescia di Lucescu nel ’91-92.
Se Bonometti, con Lucescu incontrato a 20 anni e non a 30, è sicuro che avrebbe giocato in Nazionale, io di certo avrei molte più presenze in Serie A e non solo 3.

In cosa Lucescu era il migliore di tutti?
A Brescia ha portato una nuova cultura del lavoro. Ci teneva eccome che ci si applicasse al massimo in allenamento e insegnava una cura altrettanto puntigliosa della persona fuori dal campo. Se lo ascoltavi, capivi e la domenica giocavi. Se non lo ascoltavi, non capivi e stavi fuori.

Un episodio?
San Siro, partita di Coppa Italia con il Milan. Mi prende da parte e mi dice: tu oggi giochi terzino destro. Gli dissi: con Evani e Maldini dalla mia parte, facile che venga frullato. Mi lasciò fuori e al mio posto fece giocare Giunta.

Morale della favola?
Non avevo capito che Lucescu, se percepisce dubbi in un calciatore, lo lascia fuori.

Imparata la lezione?
Altroché. Ad Avellino, in una gara di campionato, mi fece giocare con il numero 9. In quell’occasione lo ascoltai: in campo feci quel che dovevo.

Quaggiotto falso nueve?
Azzardato, ma più o meno...

E Gino Corioni?
Era avanti di almeno 30 anni. Prendete la questione stadio. Lui l’aveva capito dall’inizio della sua presidenza che era necessario per far fare il salto di qualità al Brescia. Nessuno lo ha mai ascoltato. Spero ci riesca Cellino.

Ci riuscirà?
Mi pare che Cellino dal punto di vista imprenditoriale abbia idee chiare e abbia puntato su questa piazza. Evidentemente qualcosa si sta muovendo.

Perché Brescia, sullo stadio, è così recalcitrante?
Perché non ha mai capito cosa può valere una squadra stabilmente in Serie A. Qualche giorno fa Maldini ha detto che San Siro, così come è oggi, non è più concepibile come impianto per il calcio. Stiamo parlando di uno che ha visto suo padre e suo figlio giocarci, lui stesso ci ha disputato più della metà delle sue 700 partite nel Milan. Il calcio, se non vuole sprofondare, deve andare nella direzione degli stadi di proprietà.

In Italia ce l’hanno solo Juventus, Udinese, Sassuolo, Atalanta e Frosinone.
Ci sono arrivate prima degli altri. Spero che Cellino ci riesca per il bene del Brescia. E di Brescia. •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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