Baresi lancia Inzaghi «Sta facendo bene»

Franco Baresi, 61 anni, ieri a Castiglione delle Stiviere durante la presentazione del suo libro «Libero di sognare»
Franco Baresi, 61 anni, ieri a Castiglione delle Stiviere durante la presentazione del suo libro «Libero di sognare»
Franco Baresi, 61 anni, ieri a Castiglione delle Stiviere durante la presentazione del suo libro «Libero di sognare»
Franco Baresi, 61 anni, ieri a Castiglione delle Stiviere durante la presentazione del suo libro «Libero di sognare»

Se lo dice lui, c’è da fidarsi: «Inzaghi sta facendo bene al Brescia. Merita la massima fiducia». Parola di Franco Baresi, ieri pomeriggio a Castiglione delle Stiviere per presentare il suo libro, «Libero di sognare», convocato per l’occasione dai Milan Club di Desenzano, Castiglione e Castel Goffredo: all’auditorium Gonzaga c’erano più di 300 tifosi, ma senza il Covid (che ha dimezzato i posti disponibili) di sicuro si sarebbe raggiunta la massima capienza. «Il mio libro è come un romanzo – ha detto Baresi, nato e cresciuto a Travagliato, uomo simbolo del Milan, capitano rossonero da quando aveva 22 anni e fino al termine della carriera, a 37 - che racconta sì le tappe della mia vicenda agonistica, e della mia vita, ma vuole anche lasciare un messaggio, ai giovani e a chi si occupa di loro: sognare si può, tutto è possibile se ci sono coraggio, determinazione e spirito di sacrificio, per raggiungere i propri obiettivi spesso bisogna essere disposti a rinunciare a qualcosa». Un viaggio a ritroso, fin dalle origini: «Mi sono innamorato del calcio quando vidi in televisione Italia-Brasile, la finale dei Mondiali 1970. In quel momento pensavo a come sarebbe stato essere lì». I primi calci al pallone nel cortile di casa, insieme ai fratelli Angelo e Beppe, poi in oratorio e nelle file dell’Uso Travagliato, che all’epoca fu un’incredibile fucina di talenti: al di là dei Baresi, si ricordano anche Giovanni Lorini, che vinse una Coppa Italia con il Milan, e Franco Pancheri che conquistò uno scudetto con l’Inter. I ricordi corrono veloci: il Mondiale del 1982, «che ho vinto senza giocare una partita: ma anche quella è stata un’esperienza fondamentale, che mi ha fatto crescere e mi ha dato la forza di affrontare anche la retrocessione in Serie B (già con la maglia del Milan, con cui ha esordito a nemmeno 17 anni, ndr)». Impossibile non parlare dei rigori: da quello (segnato) di Belgrado nel 1988, ottavi di finale di Coppa Campioni con la Stella Rossa, a quello (sbagliato) di Pasadena, nella finale dei Mondiali di Usa 94. Baresi tornò in campo dopo un infortunio e un recupero record: «Il ginocchio teneva, ma avevo la forza per giocare solo una partita. Di rigori ne ho tirati tanti nella mia carriera, ero convinto di tirarlo anche quella volta». La partita più bella? “Non esiste la gara perfetta, ma Milan-Real Madrid 5-0 del 1989 ci è andata molto vicina». Poi arrivò la finale, raggiunta dopo 20 anni, e la vittoria: «È stata la mia prima Coppa Campioni, tra i miei ricordi più belli». La sconfitta che ha bruciato di più: «Sempre in Coppa Campioni, la finale persa nel 1993 con il Marsiglia». Gli attaccanti più difficili da marcare: «Su tutti Maradona: la notte prima della partita in pochi riuscivano a dormire. E poi Baggio e Batistuta». Il più grande talento inespresso: “Gabriello Carotti: era cresciuto nella giovanili con me. Una carriera falcidiata dagli infortuni». La vita, con la filosofia da capitano: «Essere il capitano è stato un onere ma soprattutto un onore: un capitano deve dare l’esempio, sempre. Negli anni ho imparato che le piccole cose sono le più importanti. E lo sono le radici. Ricordo la mia infanzia, in un casale di campagna, in mezzo a persone di grandi valori, che credevano nella solidarietà». Ai più piccoli, un altro grande messaggio: «Oggi siete presi da tanti interessi. Ma tornate a fare sport, uscite dalla vostra cameretta». •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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